2 giugno 2007

Uccide a coltellate la figlia di 6 anni


MEZZOLOMBARDO (TRENTO) - «Questa mattina le voci mi hanno detto che dovevo ammazzare Marialisa perché dovevo liberarmi». Parla con fatica, Sara Bolner, davanti al magistrato che la interroga. Non una lacrima, l' espressione è assente. Ha appena ucciso a coltellate la figlia Marialisa, sette anni a dicembre. Le ha affondato un coltello da cucina per undici volte, ovunque le sue «voci» le comandassero di colpire. Prima di farlo ha telefonato al marito: «Amore, vieni, sto malissimo». Poi su di lei, casalinga 44enne con gravi problemi psichici, ha avuto il sopravvento una forza cieca e assassina. Vasco Chirovi, l' avvocato che la assiste, non ha dubbi: «C' è una palese incapacità di intendere e di volere». Ma subito si chiede: «Bisogna capire come possa essere successo che una grave forma di malattia - da verificare con una perizia - non abbia avuto, recentemente, manifestazioni eclatanti». Il punto oscuro della vicenda, infatti, è questo: sebbene fossero note a molti le «stranezze» della donna, e sebbene avesse avuto, in passato, alcuni episodi preoccupanti - lei dice di aver anche tentato il suicidio - nessuno, negli ultimi anni, la stava curando. «Ultimamente stava bene, si era ripresa, non c' erano avvisaglie che potessero far pensare a una cosa del genere», dice il marito, Elio Concadoro, operaio di 47 anni. Ma è stata la stessa Sara a parlare del suo stato al pubblico ministero Carmine Russo. «Non prendevo farmaci - ha spiegato - né ero sottoposta a cure particolari. Forse mio marito mi mette delle gocce nelle bevande ma il mio è solo un sospetto. Con la mia bambina non ho mai urlato, non sono mai stata violenta con lei. Negli ultimi tempi, però, provavo una grande stanchezza. Mi sentivo inadeguata al mio ruolo di madre, vestire Marialisa per portarla a scuola era diventato molto pesante». Poi il racconto della mattina dell' orrore. «Mi sono svegliata alle sei e mezza, mio marito è andato a lavorare, a Lavis. Sentivo delle voci che mi dicevano cosa dovevo fare. Mentre scrivevo la giustificazione per la scuola ho cominciato a chiedermi "Ma questa stanchezza è la sua o è la mia?». Lei ha visto che stavo male e mi ha detto: «Allora chiamiamo il papà». Ed è in quel preciso momento, quando la figlia ha chiesto che fosse il padre ad accompagnarla a scuola, che è scattato il delirio omicida. Elio Concadoro è arrivato di corsa da Lavis con un brutto presentimento. È salito nell' appartamento e ha visto la moglie, il volto scuro, che le ha indicato il pavimento dell' ingresso: «Guarda com' è lì». Lì dove c' era sua figlia che stava morendo in un lago di sangue. Lui ha chiamato subito il 118. Poi è sceso per strada e ha chiesto aiuto a Giuseppe Brescia, un vicino che fa il medico. «È stata una scena alla quale non avrei mai voluto assistere - racconta il medico - la bambina era in una pozza di sangue, distesa sul pavimento dell' ingresso. Era già cianotica. Mi sono subito accorto che non era stato un incidente: aveva ferite ovunque. Ho contato almeno cinque tagli. La madre non piangeva e diceva: "Sembra morta"». La mamma, rea confessa di infanticidio, è stata portata nel carcere femminile di Rovereto. Il pm Russo si è riservato di decidere sulla richiesta dell' avvocato difensore di ricoverarla nel reparto psichiatrico dell' ospedale Santa Chiara di Trento. - DAL NOSTRO INVIATO DAVIDE CARLUCCI

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