31 agosto 1994

http://www.canadiancrc.com/Newspaper_Articles/MovingF_Female_perpetrators_Child_sexual_abuse_JUL94.aspx

Moving Forward Newsjournal, Vol.2, Number 6, July / August 1994, By Lisa Lipshires

Sette anni fa [1987, ndt] una paziente di Marcia Turner, psicologa di Massachusetts, ha detto qualcosa che ha sconvolto chi la ascoltava. La donna, che aveva subito abusi sessuali durante la sua infanzia e viveva in una casa assieme ad altri adulti ed i loro figli, disse: " Nella mia casa la bambina di tre anni è venuta da me, e vuole che io faccia del sesso con lei. Penso che lo farò, perché so che sarò dolce e gentile con lei, ed è inevitabile, prima o poi sarà abusata".
Anche se Marcia Turner aveva già avuto pazienti maschi che avevano abusato sessualmente di minori, non aveva mai incontrato una donna che volesse abusare sessualmente di una bambina. Allarmata, consultò altri terapeuti, ma nessuno aveva mai incontrato - o neanche sentito parlare – di donne che abusavano sessualmente di minori. La dott.ssa Turner si rese conto che "questo è qualcosa che dobbiamo studiare", e decise di mettere al centro del suo studio le donne ree di abuso sessuale su minori.
Betsy K., una donna abusata sessualmente dal padre, si rese conto cinque anni fa [1989, ndt] che aveva anche subito degli abusi sessuali dalla madre. Mentre stava affrontando la tragedia dell'abuso, nella sua zona altre donne che avevano subito l’abuso sessuale dalla madre stavano cominciando a trattare apertamente le loro esperienze. "Era qualcosa di cui la gente appena accennava a parlare," ricorda Betsy. Tuttavia, lei e le altre donne formarono un gruppo settimanale di auto-aiuto per le donne abusate sessualmente da altre donne.
Betsy K. e Marcia Turner sono parte di un piccolo numero sempre crescente di persone che affrontano la questione degli abusi sessuali commessi da donne.
Molti sentono di combattere un'impervia battaglia contro la negazione della società e gli stereotipi culturali sui generi.

La negazione della società

Nel 1993 la psicologa Laurie Goldman di Boston analizzò i modi in cui la società minimizza la portata e l'impatto degli abusi sessuali commessi da donne nella sua tesi di dottorato "Abusi sessuali commessi da donne: prevenzione sociale nella comprensione del fenomeno delle donne che abusano sessualmente di bambini" (Università Microfilm, Ann Arbor, MI).
Laurie Goldman inizialmente aveva previsto di condurre una ricerca approfondita sulle donne che abusavano dei minori. A tal fine aveva spedito 315 lettere a terapeuti e cliniche, aveva pubblicato un annuncio su uno dei principali giornali, aveva contattato diversi medici che curavano pazienti che avevano abusato sessualmente. Inoltre aveva affisso 10 poster pubblicitari in luoghi ben visibili. Dopo otto mesi di ricerca aveva incontrato solo una donna disposta a discutere di ciò che aveva fatto. La Dott.ssa Goldman sapeva da fonti attendibili che diverse donne abusanti erano trattate in terapia, ma gli amministratori delle cliniche negavano, insistevano sul fatto che queste donne non erano sotto la loro cura.
Inoltre, dopo nemmeno 48 ore dall’aver appeso i poster, tutti erano stati rimossi. Data l’impossibilità di ottenere soggetti per il suo studio, Laurie Goldman decise di concentrarsi sulla negazione della società che rende i colpevoli di sesso femminile un gruppo così sfuggente.
L. Goldman scoprì che la negazione dell’esistenza di donne trasgressive è intessuta profondamente nel sistema, utilizzando la protezione dei bambini. Apprese che una delle sue nuove pazienti donna aveva già precedentemente rivelato di aver abusato sessualmente di un nipote, ma l'agenzia di protezione del bambino del Massachusetts non aveva sottoposto il caso all'ufficio del Procuratore Generale. Di fatto, successivamente la paziente della Goldman ammise di aver abusato di altri due bambini dopo la sua prima auto-denuncia.
Questo modo di trattare il problema da parte dello Stato del Massachusetts non è esclusivo.
Nello Stato di Washington, ad esempio, un membro dei servizi sociali riferì di un'imputata che dinanzi alle accuse di abusi era stata scagionata dal giudice motivando: "le donne non fanno cose come queste". In un altro caso, un'impiegata di una prigione del New England riferì alla Goldman che in quella sede c’era solo una donna condannata per abusi sessuali su minori, perché "in uno Stato così conservatore il sentimento pubblico non consentiva di muovere accuse del genere alle donne".
Questo non rappresentava alcuna novità per Gail Ryan, promotrice del Progetto di Prevenzione di Abusi del Centro di Kemp, a Denver. Ha scoperto che le donne adolescenti che abusano "hanno molto meno probabilità dei maschi adolescenti che abusano di essere catturate o processate".
Il sociologo Craig Allen della Iowa State University, dopo aver condotto uno studio su 75 uomini e 65 donne condannate per aver abusato sessualmente di un bambino, definisce questa negazione sociale come “cancello custodito”.
“Solo le donne i cui comportamenti sono gravemente devianti e i loro soprusi non possono in alcuna maniera essere negati da nessuno dei cancelli precedenti del sistema, solo allora vengono sottoposte a terapia di trattamento”, scrive in Woman and Men Who Sexually Abuse Children: A Comperative Analysis (Brandon, VT: Safer Society Press, 1991).
L’ipotesi di Allen del “cancello custodito” potrebbe spiegare perché così raramente ci sono delle donne sottoposte a terapia e perché, quando lo fanno, sono generalmente definite psicotiche o comunque gravemente disturbate.
Ruth Matthews, una psicologa di St. Paul che ha lavorato con 50 adolescenti e 70 donne adulte che hanno commesso degli abusi su minori, dice che un altro dei motivi principali del perché le donne abusanti sono raramente sottoposte a trattamento è che la maggior parte sono delle madri.
In questi casi i figli sono generalmente riluttanti ad accusare le proprie madri.
Se i bambini - le cui rivelazioni tuttora forniscono lo strumento principale d'indagine dell’abuso - sono stati abusati dalle madri assieme ai loro partner maschi o da madri single, la rivelazione provoca l’allontanamento dalla propria casa e la sistemazione presso affidatari terzi, famiglie o istituti. Invece, se ad abusare è soltanto il padre e non la madre, la rivelazione del bambino “non dovrebbe comportare una gran perdita", dice Ruth Matthews. "Rimangono nella loro casa, hanno ancora un genitore, e la famiglia rimane intatta".

La prevalenza di abusi da parte di donne

Se i bambini raramente lo rivelano, e se le donne che abusano sono spesso escluse dalle indagini e dai procedimenti giudiziari, quanti abusi imputabili alle donne stanno realmente accadendo?
A causa della natura nascosta degli abusi sessuali e a causa dei problemi nel modo in cui i dati degli abusi sui minori vengono raccolti, nessuno è in grado di fornire una risposta definitiva a questa domanda.
Ci sono due fonti principali di informazione sulla dimensione degli abusi sessuali infantili: i dati raccolti dalle agenzie statali per la protezione del bambino e gli studi retrospettivi che cercano di determinare la percentuale di adulti che sono stati abusati sessualmente quando erano bambini.
Due studi retrospettivi della popolazione di adulti sono spesso citati da ricercatori e difensori del bambino. Il sondaggio del Los Angeles Times, condotto nel 1985, accertò che il 7% degli abusi segnalati dai partecipanti al sondaggio di sesso maschile e femminile era stato perpetrato da donne.
La sociologa Diana Russell nel 1978, in uno studio effettuato a San Francisco, rivelò che il 4% delle donne che avevano riferito di aver subito degli abusi nell’infanzia indicarono che gli autori erano donne adulte.
L'indagine del L.A. Times e lo studio di Russell erano basati su una selezione casuale dei partecipanti. Da altri studi retrospettivi, concentrati su campioni più ridotti, emergono tassi molto più alti di abusi commessi da donne, anche se alcuni di questi risultati devono essere ancora sottoposti a verifica. In uno studio del 1981 effettuato presso gli studenti universitari di psicologia dell’Università di Washington, si indagava su contatti di natura sessuale nella loro infanzia avute da persone in post-pubertà di almeno cinque anni più vecchi di loro. Il 60% di 412 maschi e il 10% di 540 femmine indicarono che ad abusare erano state donne adulte. (Fritz, G., Stoll, K., e Wagner, N. "Un confronto tra maschi e femmine molestati sessualmente da bambini," Journal of Sex and Marital Therapy, 1981, vol. 7,54-59).
In un altro studio, i medici di una clinica di New Jersey constatarono che 11 dei 25 adolescenti maschi che avevano rivelato di essere stati molestati sessualmente avevano segnalato delle donne (età tra 16 e 36 anni), come i loro aggressori. Queste molestatrici erano state "di solito conoscenti delle vittime, il più delle volte una vicina di casa, baby-sitter o un'altra adolescente o giovane adulta di fiducia". (Johnson, R., and Shrier, D. Past Sexual Victimization by Females of Male Patients in an Adolescent Medicine Clinic Population - American Journal Of Psychiatry, 1987, vol. 144,650-662).
Infine, uno studio su 582 studenti universitari maschi rilevò che di quelli abusati da bambini, il 78% lo erano stati da donne. (Fromuth, M., and Burkhart, B. Childhood Sexual Victimization Among College Men: Definitions and Methodological Issues - Violence and Victim, 1987, vol. 2, no. 4, 241-253).
I ricercatori non sanno spiegare perché alcuni studi rivelano tasso di abusi più alto rispetto ad altri, ma il Centro Risorse Nazionale di bambini abusati sessualmente (NRCCSA) afferma che, a causa di una mancanza di omologazione nella divulgazione e incoerenze nei metodi di ricerca e nella definizione di abuso sessuale, "l'attendibilità delle statistiche che tutti desideriamo", sulla prevalenza di abuso "semplicemente non è disponibile." (News NRCCSA, maggio-giugno 1992, vol. 1, no. 1).
Le incongruenze rilevate dalla NRCCSA si possono trovare nell'altra fonte principale di dati sugli abusi sessuali infantili: le relazioni annuali delle 50 agenzie statali di protezione del bambino. L'American Humane Association, incaricata di raccogliere tali dati dal 1973 al 1987, ha rilevato che durante questo periodo circa il 20% dei casi d'abuso sessuale sui bambini era stato perpetrato da donne. (L’informazione sul sesso del colpevole non è disponibile per il 1988-1992; i dati eventualmente saranno disponibili per il 1993 e per gli anni successivi). Tuttavia, non tutti gli Stati richiedono il sesso dell’autore dell’abuso da inserire nelle loro relazioni. “Così”, dice John Fluke, direttore del programma di ricerca e di analisi per l'American Humane Association, “ci sono difficoltà ad ottenere un'informazione corretta, poiché stiamo lavorando con 50 sistemi diversi di sviluppo dell'informazione".
Un'altra difficoltà segnalata nel Child Sexual Abuse: New Theory and Research (New York: The Free Press, 1984), dal sociologo David Finkelhor dell'Università di New Hampshire, è che gli "abusi sui bambini per i quali è prevista la segnalazione obbligatoria, nella maggior parte degli Stati, sono solo gli abusi sui minori commessi da genitori ed altri affidatari". La conseguenza è che l'abuso perpetrato da adolescenti, adulti non imparentati, conoscenti o estranei, con molta probabilità non appaiono nelle relazioni annuali; una percentuale significativa di abusi sessuali commessi da maschi e femmine non viene quindi registrata.
Sono stati fatti miglioramenti in questo senso. L'anno scorso [1993, ndt] il Comitato Nazionale per la Prevenzione di Abusi sui Minori, che ha raccolto i dati nazionali a partire dal 1988, ha cominciato a chiedere agli Stati di includere il sesso dell’autore di abuso nelle loro relazioni.

Tipo di abuso

L'abuso che le donne commettono può variare da lieve - senza contatto, come forme di esibizionismo e di voyeurismo - a grave, con evidenti toccamenti sessuali e/o penetrazione.
Nel suo studio sugli autori di abusi, il sociologo Craig Allen ha rilevato che entrambi i sessi includono una vasta gamma di pratiche abusanti. La terapeuta Marcia Turner dice che le sue pazienti hanno affermato di aver realizzato "penetrazione col dito, stimolazione per via orale, inserzione di oggetti nei bambini, ed hanno obbligato i bambini a fare loro delle cose come... la stimolazione dei loro genitali".
Altri terapeuti, compresi quelli specializzati nei maschi abusati sessualmente, hanno notato un modello ricorrente nella denuncia dei pazienti abusati da donne. Lo psicologo Peter Dimock di Minneapolis ha curato circa 500 maschi abusati sessualmente dal 1980. Ha scoperto che, per il 25% dei pazienti abusati da donne, la maggior parte ha provato un abuso "sottile o seducente". Molto spesso, afferma Dimock, la donna che abusa, se è una parente o ha un ruolo di custodia, perpetra l'abuso "sotto l'apparenza di cura, come ad esempio l’applicazione di un farmaco sugli organi genitali del bambino, l'inserimento di supposte o clisteri, o trova una scusa per esporre il suo corpo al ragazzo, chiaramente con l'intento di suscitare turbamento ed eccitazione, ma sotto l’apparenza di un comportamento normale".
Anche Nic Hunter, psicologo di St. Paul, autore di Abused Boys: The Neglected Victim of Sexual Abuse, ed editore di The Sexually Abused Male, Volumes I and II (all from Lexington, MA: Lexington Books, 1990), nel suo lavoro con centinaia di abusati di sesso maschile, ha trovato che circa il 25% erano stati abusati sessualmente da donne e che, in generale, l'abuso era stato "camuffato, mascherato da qualcosa di diverso da un contatto sessuale." Dimock aggiunge che le donne che abusano frequentemente trattano le loro vittime come dei partner romantici, portandoli con loro in vere “uscite-appuntamenti”.
Non tutte le vittime di abusi commessi da donne riferiscono di abusi mascherati o camuffati. Delle 93 donne ree di aver abusato, trattate dal terapeuta Bobbie Rosencrans del Michigan, nel suo studio di quattro anni su abusati da incesto materno, il 65% ha riferito che il loro abuso era stato violento. Karen K., un'abusata da incesto materno dello Stato di Washington, che cura la newsletter SOFIE (Survivors of Female Incest Emerge!), ha letto negli ultimi 18 mesi quasi 500 lettere di soggetti abusati sessualmente. Trova che "le donne sono più creative e più brutali degli uomini nei loro abusi."

Le conseguenze dell’abuso

Lo studio più completo su soggetti sessualmente abusati da donne è stato realizzato dal terapeuta Bobbie Rosencrans, una ricerca su 93 femmine e nove maschi abusati da incesto materno (Rosencrans aveva inizialmente previsto di studiare solo le abusate donne, ma nove uomini avevano chiesto di essere inclusi anche loro nella ricerca). Bobbie Rosencrans ha trovato fra i partecipanti allo studio molte delle reazioni condivise dai soggetti abusati dagli uomini: depressione, ansia, scarsa autostima, alti tassi di disturbi alimentari ed abuso di sostanze. Quando chiedeva agli intervistati ciò che avrebbero voluto che il pubblico sapesse sull’incesto materno, essi mostravano un quasi universale desiderio di raccontare alla società che "questo accade davvero".

Problemi d'identità

Una delle reazioni più comuni agli abusi perpetrati da donne è la vergogna d'identità sul proprio sesso. Phyllis E, abusata sessualmente da madre e padre, ricorda di sentire un profondo disgusto per il corpo della madre, un disgusto che si era tramutato in odio verso la sua identità femminile. "Non ho potuto soffrire il mio corpo per anni", afferma. "Non riuscivo a capire come gli uomini potessero soffrire il corpo delle donne".
Anche Tom, terapeuta nonché reduce da abusi commessi da tre femmine, tra cui sua madre, ha sentito una profonda confusione circa la sua identità sessuale. Oltre a sottoporre Tom a clisteri inutili, a masturbarlo nella vasca da bagno, e costringerlo a dormire nel suo letto e guardarla mentre si vestiva, la madre perpetrava contro di lui un tipo di comportamento che la terapeuta Christine Lawson dell’Indiana riferisce come "abuso perverso". In Mother-Son Sexual Abuse: Rare or Underreported? A Critique of the Research (Child Abuse & Neglect, vol. 17, no. 2) Lawson definisce l’abuso perverso come l’abuso sessuale tra madre-figlio dove "si possono mettere in atto comportamenti come costringere il bambino ad indossare abiti femminili e, in generale ... scoraggiare l'identificazione del bambino con la figura maschile".
"Fino all’età di cinque anni non avevo la più pallida idea di non essere una ragazza" afferma Tom.
Lo psicologo Mick Hunter sostiene che la convinzione della società secondo la quale "quando avviene un contatto sessuale tra un maschio e una femmina, il maschio è responsabile", può portare ad un ulteriore senso di vergogna e di responsabilità nei ragazzi vittime di abusi commessi da donne. Vi è anche il mito culturale, esemplificato da film come "Summer of '42", "Men Don't Leave" e "My Tutor", per cui il contatto sessuale tra una femmina adulta e un ragazzo giovane è un'auspicabile iniziazione alla virilità. Hunter è stato testimone di questo mito durante le sedute di trattazione presso gli uffici dei procuratori nei vari distretti. Spesso, dice, "c’è una procuratrice nello studio che cerca di mettere sotto processo una donna adulta autrice di un abuso su una vittima minorenne di sesso maschile, e i procuratori maschi dicono: - Ecco, non vogliamo sperperare i soldi dei contribuenti in questi procedimenti. È tutto frutto della fantasia degli uomini -".
Rick S., un abusato da incesto materno e anche di abusi sessuali commessi da un'infermiera, conferma di aver faticato ad accettare che ciò che era stato fatto a lui era inadeguato e sbagliato. "Adoravo mia madre," dice Rick, "e lei stravedeva per me, soprattutto nei miei primi anni". Quando Rick frequentò il liceo, dice, "mi sentivo di essere infedele a mia madre se pensavo di uscire con una ragazza".
Egli era incapace di comprendere che si doveva crescere, svilupparsi, imparare. Vedeva i suoi coetanei crescere ed imparare secondo tempi e modi adatti alla loro età, e si domandava che cosa avessero loro che lui non aveva.

Stereotipi sessuali a confronto

La credenza diffusa nella società che gli abusi sessuali commessi da donne siano improbabili - in particolare quando chi abusa è la madre - ha reso particolarmente difficile alle vittime di abusi femminili rivelare le loro esperienze, e forse le ha lasciate persino con un senso più profondo di isolamento. Stranamente, anche se l'81% delle donne nello studio di Rosencrans erano sottoposte a terapia, solo il 3% aveva rivelato ai loro terapeuti che le madri avevano abusato di loro sessualmente.
Karen K. ricorda di aver creduto per anni di essere l'unica vittima di incesto madre-figlia. "Mi sentivo completamente isolata e sola riguardo a chi aveva abusato di me", dice Karen.
A seguito dello studio di Rosencrans (Safer Society Press, 1994), una donna scrisse, "Non ho mai incontrato nessuno che sia stato vittima di abusi sessuali dalla madre. Non immaginavo che potessero esistere altre 93 persone".
Betsy K. ritiene che l'abuso sessuale dalle madri sulle figlie sia ancora più tabù rispetto all'abuso sessuale sui figli. “Probabilmente tra madri e figli maschi la gente preferisce credere che, se c’è stata una sorta di contatto sessuale, non si dovrebbe guardare come abuso", sostiene Betsy. Ma nella nostra cultura omofoba, "femmine che abusano sessualmente di altre femmine... oh Dio, nessuno, nessuno ci vuole credere. Credo che sia molto difficile da concepire, da credere, come credere agli abusi rituali… Non ottiene l'attenzione che merita".

Rimuovere il segreto e la vergogna

Fu liberatorio per Betsy, durante un incontro e una marcia di vittime diversi anni fa, portare uno striscione: "Anche le mamme possono abusare." Lei ed altre vittime di incesto materno incollarono fotografie delle loro madri sullo striscione, e Betsy lo sollevò mentre raccontava la storia degli abusi di sua madre. Betsy parlò così forte che una donna poi le disse che l’aveva sentito da quasi un quarto di miglio di distanza e si era fermata ad ascoltarla.
Mesi dopo, una sconosciuta si avvicinò a Betsy durante un workshop e le disse che aveva visto lo striscione durante la marcia; ciò l’aveva davvero aiutata a rivelare, per la prima volta, che aveva anche lei subito abusi sessuali dalla madre. "E 'stato molto commovente," dice Betsy. "Non lo dimenticherò mai. Si parla di vittime di abusi che aiutano altre vittime di abusi ... penso che la nostra comunità di vittime davvero possa guarire gli altri".

Lisa Lipshires, giornalista indipendente e operatrice di servizi sociali

Traduz. per CDVD a cura di Santiago G.


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