2 luglio 2012


Quello di Antova Katya Fidanova era, secondo gli inquirenti, un ruolo chiave (rispetto a marito 51enne e figlio 27enne): si occupava di controllare costantemente la vittima, a casa come sulla direttrice verso San Severo, presenziava al contatto con i clienti, con i quali "contrattava" pagamenti e prestazioni, ed infine ne riscuoteva il denaro, controllando che alla ragazza non andasse nemmeno un euro.
La vittima, infatti, che viveva in condizioni di forte asservimento psicologico (sia perché non conosceva la lingua italiana, sia perché non era assolutamente autosufficiente), veniva costretta a vivere in condizioni misere e precarie all'interno di un casolare di campagna, sotto il controllo costante della famiglia-carceriera.
La ragazza, che in Bulgaria ha un marito ed un bambino, era obbligata al meretricio a causa delle continue minacce di ritorsioni nei confronti suoi e della sua famiglia che ignorava la vera natura del suo lavoro.



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