7 novembre 2011

Di fronte alla “bulimia” telefonica della persecutrice non c’è prova del danno alla vittima che tenga ai fini della misura cautelare di cui all’articolo 282 ter Cpp a carico dell’indagata per stalking: una serie massiccia e quotidiana di telefonate alla (presunta) rivale in amore per un periodo di quattro mesi è di per sé sufficiente a far scattare a carico della persona sotto inchiesta il divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa. Lo precisa la sentenza 40105/11 pubblicata dalla quinta sezione penale della Cassazione.
Accolto il ricorso del procuratore: sbaglia il Tribunale, e ancora prima il gip, a bocciare la richiesta del pm che chiede l’applicazione della misura cautelare che impone l’off limits a carico dell’indagata per molestie. La donna ha preso di mira il cellulare di una collega del marito di cui è gelosa: in certe giornate le chiamate sfiorano addirittura quota cento.
La vittima, che fa la venditrice a domicilio, sostiene dal canto suo di non poter cambiare numero telefonico: perderebbe preziosi contatti commerciali; acconsente tuttavia a cambiare gruppo di lavoro, pur di allontanarsi dal compagno della focosa signora che la perseguita.
Risultato: per i giudici chiamati a pronunciarsi sulla misura cautelare, ai fini dell’adozione del provvedimento, non basta il pericolo di danno ma serve la lesione in concreto.
Attenzione però: un’impostazione tanto restrittiva, osservano oggi gli “ermellini”, limiterebbe oltremodo l’applicabilità della misura ex articolo 282 ter Cpp; quando i comportamenti lesivi sono tanto numerosi e duraturi - spiegano - non ha senso stare a disquisire sugli eventuali danni cagionati. È lo stesso numero delle telefonate ricevute dalle vittime, davvero rilevante, a legittimare il “keep out” a carico della molestatrice, senza la necessità di superflue visite mediche che attestino l’ansia suscitata nella vittima dalla condotta della persecutrice.
Anzi, concludono i giudici, la tutela cautelare deve essere apprestata prima che il disagio si trasformi in patologia vera e prova. La parola torna al Tribunale che, a questo punto, saprà di certo cosa fare.


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