14 luglio 2010

2 dicembre 2009

Entra con un bastone nell'ufficio e tenta di colpire un uomo: arrestata per stalking

Il brutto epilogo di minacce, assilli, pedinamenti, nei confronti dell'uomo su cui aveva messo gli occhi, è terminato quando la donna, ora in carcere, è entrata nel suo ufficio e ha tentato di colpirlo con un bastone

Quattro anni vissuti in un crescendo di ansia e preoccupazione. Per lui, per i familiari, per la figlia piccola. Costretto a cambiare continuamente orari e abitudini, anche nel fare le cose più banali, come la spesa.
L’incubo è finito nella tarda serata di lunedì quando i carabinieri hanno arrestato la donna che dal 2005 lo tormentava con telefonate ad ogni ora del giorno e della notte, sms (migliaia di sms, tutti riprodotti in qualche decina di denunce presentate alle Forze dell’ordine), pedinamenti, minacce, attese sotto casa e irruzioni plateali sul luogo di lavoro, di fronte anche a numerosi testimoni. La donna adesso si trova rinchiusa nel carcere femminile di Livorno, dove è stata portata dopo che i carabinieri l’avevano bloccata durante l’ennesima scenata pronunciando frasi forsennate sul luogo di lavoro di lui.
Tutto inizia nel 2004 quando la donna (una straniera) si rivolge alla società di cui l’uomo è socio per iscriversi ad un corso che si conclude nel 2005. Da quel momento la donna inizia a perseguitarlo con telefonate e sms, a volte con frasi sconclusionate altre con vere e proprie minacce. Sul dispaly del telefono cellulare dell’uomo iniziano a comparire anche minacce di morte.
Lui spera che questa ossessione possa finire con il trascorrere del tempo, ma in realtà il tempo passa senza che lei accenni a desistere. Anzi, la sua azione si infittisce e invade ogni settore della vita dell’uomo, compresa quella privata.
Non più solo sms, ma anche telefonate notturne a casa e appostamenti sotto l’abitazione, fino a 'scampanellate' notturne. In un’occasione è stato addirittura un vicino di casa a invitare la donna ad allontanarsi.
Le denunce si susseguono una dietro all’altra. Nel fascicolo entrano pure i testi dei messaggi inviati, sempre più minacciosi, spesso rivolti anche ai familiari. Quattro anni da incubo, senza poter contare su una vera difesa. O quantomeno su una difesa efficace.
L’escalation esplode venerdì sera, in una sede distaccata della società dell’uomo. Su una vetrata appare una scritta fatta con un pennarello, una scritta offensiva che l’uomo fotografa prima di avvisare i carabinieri. I militari trovano la donna non distante da lì e lei ammette di essere l’autrice del gesto. C’è una nuova denuncia.
Sabato mattina la donna si presenta sul luogo di lavoro a Grosseto, apre la porta con un calcio e usando un bastone prova a colpire l’uomo che sta lavorando al computer. Il colpo va a vuoto, ma poi lei tenta di colpire anche un familiare dell’uomo entrato dopo aver sentito i rumori. Nuova telefonata ai carabinieri che arrivano e bloccano la sua azione, sequestrando il bastone. Poi tutti quanti vengono invitati ad andare in caserma per mettere a verbale quanto è accaduto. Questa volta la denuncia è anche per tentata aggressione, la stessa che presenta il familiare dell’uomo. Si aggiungono a quelle già note anche ai carabinieri presentate per molestie e per stalking.
Questo non ferma la donna che nello stesso pomeriggio di sabato scrive frasi offensive sui vetri della porta d’ingresso della società e durante la domenica manda nuovi sms. Lunedì sera l’epilogo.
L’uomo arriva in auto di fronte alla sede della sua attività che si trova in un altro comune e vede che c’è anche lei. Lui non scende dall’auto e chiama i carabinieri, una pattuglia arriva in breve tempo e assiste alla scena: lui scende dall’auto e lei lo aggredisce verbalmente. I militari la bloccano e la portano in caserma. Pochi minuti dopo le notificano il provvedimento di arresto.

Luca Mantiglione

link alla notizia
http://lanazione.ilsole24ore.com/grosseto/cronaca/2009/12/02/266975-entra_bastone.shtml

14 luglio 2010



Lo ha tartassato per quattro anni. Con numerosi messaggini sul cellulare, sempre più minacciosi e offensivi, e anche con mms. Presentandosi all’improvviso sui luoghi dove lavorava il grossetano che era diventato la sua ossessione. E anche all’abitazione dove vive con moglie e figlia. Olga Verdes, moldava di 34 anni, ha patteggiato un anno e due mesi di reclusione per stalking e lesioni aggravate. La condanna, sentenziata dal gup Marco Mezzaluna, è arrivata a circa sei mesi dall’arresto della giovane donna straniera che, dopo le ultime aggressioni, era stata arrestata, il 30 novembre scorso, dai carabinieri della Compagnia di Grosseto.
La donna conosce l’uomo che diventerà la sua ossessione, nel 2004, quando si presenta alla società di scuolaguida per cui il grossetano lavora, per prendere alcune lezioni di guida. Corso che termina nel 2005. E da allora inizia l’attaccamento morboso della moldava al grossetano. Pedinamenti, telefonate, spesso in cui non riusciva a mettere insieme frasi con senso compiuto. All’indifferenza dell’uomo, segue l’intestardimento della trentaquattrenne. Ancora messaggi, anche con minacce di morte, telefonate e poi pedinamenti. A piedi, alcune volte anche armata di un coltello.
Un crescendo di atti volti prima ad attirare l’attenzione dell’uomo. Ma la sua ossessione, davanti al rifiuto del grossetano, e alle richieste di farla finita, aumenta. Fino a farla diventare violenta. Fino all’episodio che ha portato all’arresto della giovane moldava, il 30 novembre scorso. La donna si presenta alla sede dell’agenzia dove lavora il grossetano e, armata di un bastone di un ombrellone per spiaggia, tenta di copirlo mentre lui è tranquillamente seduto alla scrivania. Non riuscendo nell’intento, soltanto per la prontezza di riflessi dell’uomo, la donna danneggia però la vetrina dell’edificio. In altre occasioni, invece, con la vernice spray aveva scritto frasi ingiuriose.
Una persecuzione tollerata per anni e anni, nella speranza che prima o poi la donna si sarebbe stancata. Ma all’intensificarsi della gravità degli episodi, il grossetano decide di rivolgersi alle Forze dell’ordine, raccontando nel dettaglio quando costretto a subire, anche da alcuni suoi familiari. Denunce — andate avanti per mesi e mesi — che hanno poi portato i magistrati a firmare l’ordinanza di custodia cautelare in carcere.


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