http://www.corriere.it/cronache/10_giugno_18/vanguard-madri-assassine-currrent_3fae4118-7ac6-11df-aa33-00144f02aabe.shtml
Madri che uccidono i figli, madri circondate dall'indifferenza. È un tema forte quello della quarta puntata di "Vanguard", serie di reportage realizzati dal network italiano di video-reporter indipendenti di Current, in onda mercoledì 23 giugno alle 21.10 sul canale 130 di Sky. Dall'inchiesta "Madri a metà" emerge che l'omicidio di un figlio è un "reato a più mani", dove la responsabile è la madre ma con la complice indifferenza di chi le sta attorno. Si consuma prevalentemente nelle giovani famiglie che abitano i nuovi hinterland metropolitani del nord Italia, con un'incidenza massima a Milano e in Lombardia. L'autrice, Silvia Luzi, ha indagato un universo dalle dinamiche psicologiche e comportamentali ancora oggi poco chiare, tanto che si ricorrere alla mitologia per spiegare - in alcune sindromi - il gesto efferato di donne che, come la Medea tradita da Giasone, uccidono i propri figli. Posto che il numero delle madri assassine non è in crescita, il reportage pone l'accento sull'aumentata attenzione mediatica e sulla proporzionale condanna sociale dell'universo femminile.
IL CENTRO - L'ospedale psichiatrico giudiziario di Castiglione delle Stiviere, in provincia di Mantova, ospita 200 persone che hanno commesso reati molto gravi e sono considerate incapaci di intendere e di volere. Non ha personale in divisa e ospita 14 donne per la legge sono figlicide. «Volevo uccidere l'uomo che ha abusato di mio figlio - racconta una di loro -, ma è scappato. Così ho deciso di farla finita assieme a mio figlio. Sono arrivati i carabinieri, mi hanno tolto il coltello dalle mani. Mio figlio era stato già accoltellato. Io volevo tagliarmi le vene ma i carabinieri me l'hanno impedito. Chi aveva abusato di mio figlio, lo ha preso in braccio e portato all'ambulanza. Ho detto ai giudici quello che era successo ma non mi hanno creduto». Al momento del delitto la donna aveva 25 anni e, spiega lo psichiatra dell'ospedale Enrico Vernizzi, «non è mai stato trovato alcun riscontro alla versione da lei fornita. Il compagno non è mai stato perseguito per abuso su minore, la donna ha avuto una proiezione. È lei che ha subito abusi o ha visto il fratellino subire abusi». A quanto pare, le madri che uccidono i propri figli distruggono una parte di se stesse. Quella malata, quella che le spaventa. La sola spiegazione che gli psichiatri riescono a dare a questo gesto contro-natura è il cortocircuito di tre fattori: la maternità, il rapporto con il partner e quello con la propria madre.
DELIRIO - Può esistere anche "l'omicidio salvifico", così lo chiamano i medici, ovvero un disagio psichico che sfocia in un amore patologico tale da far credere che il figlio sia in pericolo. «Un delirio che porta all'omicidio, perché magari convinte che il piccolo sia indemoniato» chiarisce Vernizzi. L'unico punto sui cui convergono studi medici e dati oggettivi è che l'omicidio di un figlio è sempre un reato a più mani: «Secondo recenti rilevamenti - conferma il direttore Calogero - il figlicidio avviene prevalentemente al Nord, nei grandi centri urbani industrializzati, dove c'è disgregazione sociale. Milano detiene il primato sui figlicidi. La Lombardia quello tra le regioni». Non è andata così per una madre quasi trentenne che tre anni fa ha ucciso il figlio neonato. La sua è una storia di vita ordinaria. Studentessa modello di buona famiglia, durante l'università intreccia una relazione conflittuale con un uomo più grande di lei. Nasce un figlio: dopo 6 mesi l'inspiegabile gesto. «Mi dispiace per le mamme che ascolteranno la mia abberrazione - dice la donna, che vive nell'Opg vicino a Mantova -, ma chi cade lo fa anche per non far inciampare quelli che passano dopo».
Madri che uccidono i figli, madri circondate dall'indifferenza. È un tema forte quello della quarta puntata di "Vanguard", serie di reportage realizzati dal network italiano di video-reporter indipendenti di Current, in onda mercoledì 23 giugno alle 21.10 sul canale 130 di Sky. Dall'inchiesta "Madri a metà" emerge che l'omicidio di un figlio è un "reato a più mani", dove la responsabile è la madre ma con la complice indifferenza di chi le sta attorno. Si consuma prevalentemente nelle giovani famiglie che abitano i nuovi hinterland metropolitani del nord Italia, con un'incidenza massima a Milano e in Lombardia. L'autrice, Silvia Luzi, ha indagato un universo dalle dinamiche psicologiche e comportamentali ancora oggi poco chiare, tanto che si ricorrere alla mitologia per spiegare - in alcune sindromi - il gesto efferato di donne che, come la Medea tradita da Giasone, uccidono i propri figli. Posto che il numero delle madri assassine non è in crescita, il reportage pone l'accento sull'aumentata attenzione mediatica e sulla proporzionale condanna sociale dell'universo femminile.
IL CENTRO - L'ospedale psichiatrico giudiziario di Castiglione delle Stiviere, in provincia di Mantova, ospita 200 persone che hanno commesso reati molto gravi e sono considerate incapaci di intendere e di volere. Non ha personale in divisa e ospita 14 donne per la legge sono figlicide. «Volevo uccidere l'uomo che ha abusato di mio figlio - racconta una di loro -, ma è scappato. Così ho deciso di farla finita assieme a mio figlio. Sono arrivati i carabinieri, mi hanno tolto il coltello dalle mani. Mio figlio era stato già accoltellato. Io volevo tagliarmi le vene ma i carabinieri me l'hanno impedito. Chi aveva abusato di mio figlio, lo ha preso in braccio e portato all'ambulanza. Ho detto ai giudici quello che era successo ma non mi hanno creduto». Al momento del delitto la donna aveva 25 anni e, spiega lo psichiatra dell'ospedale Enrico Vernizzi, «non è mai stato trovato alcun riscontro alla versione da lei fornita. Il compagno non è mai stato perseguito per abuso su minore, la donna ha avuto una proiezione. È lei che ha subito abusi o ha visto il fratellino subire abusi». A quanto pare, le madri che uccidono i propri figli distruggono una parte di se stesse. Quella malata, quella che le spaventa. La sola spiegazione che gli psichiatri riescono a dare a questo gesto contro-natura è il cortocircuito di tre fattori: la maternità, il rapporto con il partner e quello con la propria madre.
DELIRIO - Può esistere anche "l'omicidio salvifico", così lo chiamano i medici, ovvero un disagio psichico che sfocia in un amore patologico tale da far credere che il figlio sia in pericolo. «Un delirio che porta all'omicidio, perché magari convinte che il piccolo sia indemoniato» chiarisce Vernizzi. L'unico punto sui cui convergono studi medici e dati oggettivi è che l'omicidio di un figlio è sempre un reato a più mani: «Secondo recenti rilevamenti - conferma il direttore Calogero - il figlicidio avviene prevalentemente al Nord, nei grandi centri urbani industrializzati, dove c'è disgregazione sociale. Milano detiene il primato sui figlicidi. La Lombardia quello tra le regioni». Non è andata così per una madre quasi trentenne che tre anni fa ha ucciso il figlio neonato. La sua è una storia di vita ordinaria. Studentessa modello di buona famiglia, durante l'università intreccia una relazione conflittuale con un uomo più grande di lei. Nasce un figlio: dopo 6 mesi l'inspiegabile gesto. «Mi dispiace per le mamme che ascolteranno la mia abberrazione - dice la donna, che vive nell'Opg vicino a Mantova -, ma chi cade lo fa anche per non far inciampare quelli che passano dopo».
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