8 agosto 2008
L'amore per la sua compagna è costata la vita al 34enne Giovanni Di Marino. Stamattina nella sua abitazione di S. Arcangelo di Cava de' Tirreni l'uomo è stato ucciso dalla moglie, la 33enne Lucia Vitale, da tempo con seri problemi psichici. A dare l'allarme è stato il datore di lavoro del giovane, operaio edile, che intorno alle 7 di questa mattina non vedendolo sul cantiere ha intuito che ci fosse qualche problema. A scoprire la macabra scena è stato però il padre della vittima, il signor Salvatore Di Marino che con l'aiuto di una scala si è introdotto attraverso i balconi aperti all'interno dell'appartamento di via Idolongo a S.Arcangelo. La vittima, Giovanni Di Marino, era in cucina riverso in una pozza di sangue, lei era a letto come se nulla fosse ma con i vestiti sporchi di sangue. Sul posto sono giunti subito gli agenti della Polizia di Stato gudati dal vicequestore Pietro Caserta. Ad uccidere l'uomo sono stati due fendenti alla gola sferrati dalla donna in preda a raptus e che poi con molta tranquillità si è rimessa a letto. Lucia Vitale aveva già problemi psichici accertati tanto che oltre un anno fa aveva già tentato di uccidere il marito con un cocktail di medicinali diluidi in una bevanda. Anche in quella circostanza fu il datore di lavoro a dare l'allarme che salvò il giovane operaio. Quell'episodio sancì anche l'affidamento da parte del giudice del figlio maggiore di 9 anni ai nonni ma che incredibilmente lasciò in custodia alla donna l'altro figlio di 4 anni che presumibilmente ha assistito all'assassinio del padre questa mattina. Il povero Giovanni Di Marino aveva accettato comunque di restare vicino alla moglie per amore rifiutando di separarsi dalla compagna. Purtroppo questa mattina la follia ha deciso che fosse giunta la sua ora e la moglie ha compiuto l'insano gesto. E' stato il medico legale, il dottor Mastrangelo che dopo il magistrato di turno ad effettuare i primi esami sulla vittima. E mentre si attivavano i preparativi per il trasporto presso l'ospedale di S. Maria dell'Olmo per l'esame autoptico la folle omicida Lucia Vitale, dopo vari tentativi d'interrogatorio da parte degli agenti, veniva portata via in ambulanza. L'omicidio di Giovanni Di Marino ha risvegliato nel dolore l'intera S. Arcangelo che conosceva la vittima ed i suoi parenti.
link alla notizia: www.tvoggisalerno.it/mostra.php?cod_news=7044
14 ottobre 2010
http://www.positanonews.it/articoli/45863/cava_de_tirreni_sgozzo_il_marito_e_veramente_pazza.html
Sarà riascoltato in aula il perito che ha riconosciuto a Lucia Vitale la seminfermità mentale. È iniziato così ieri il processo in appello nei confronti di Lucia Vitale, la donna oggi 36enne che l'otto agosto del 2008 uccise il marito Giovanni Di Marino sgozzandolo con una roncola, mentre era a tavola per la cena. Lucia Vitale, condannata a 14 anni in primo grado (rito abbreviato) con il riconoscimento dell'attenuante del vizio parziale di mente, si è presentata in aula visibilmente provata, complici anche le cure farmacologiche a cui è sottoposta (attualmente è rinchiusa nel carcere di Fuorni). La donna, su autorizzazione del presidente della Corte d'Assise, si è seduta a fianco al suo avvocato Barbara Mauro. Davanti ai giudici della Corte d'Appello anche le parti civili rappresentate dall'avvocato Ugo Della Monica, legale della famiglia Di Marino, e dall'avvocato Maurizio Mastrogiovanni rappresentante del curatore speciale dei figli della coppia. Nel corso dell'udienza il pubblico ministero ha fatto proprio l'atto d'appello, presentato dalle parti civili (avvocato Della Monica) con la richiesta del massimo della pena (ergastolo/30 anni) e il riconoscimento della totale capacità di intendere e volere sia prima che in occasione dell'omicidio. Diverse le eccezioni presentate dalla difesa. L'avvocato Barbara Mauro ha visto accolta la richiesta di risentire in aula Gennaro Petruzziello, il perito nominato dalla Procura che come si ricorderà stilò la perizia con la quale fu riconosciuta alla Vitale la seminfermità mentale. In primo grado non ci fu alcuna audizione ma solo il deposito della perizia e dunque non fu possibile ascoltare il perito su alcuni punti, parsi contraddittori alla difesa. Il prossimo 18 ottobre il perito sarà ascoltato in aula. La storia La mattina dell'8 agosto 2008 dall'appartamento in via Ido Longo a Sant'Arcangelo si odono le urla della signora Vitale: la donna è sola in casa insieme al marito mentre i due figli sono a casa dei nonni materni. Quelle grida richiamano l'attenzione del padre di Giovanni Di Marino. Quando il papà di Giovanni entra nell'appartamento vede il figlio riverso sul pavimento della cucina in una pozza di sangue, accanto a lui la moglie. L'uomo è stato ucciso: colpito alle spalle con una roncola al collo. Un colpo che gli ha reciso la carotide. A sferrare quel colpo è stata la moglie, da tempo in cura per problemi psichici. Secondo le ricostruzioni, quella sera Lucia Vitale aveva apparecchiato la tavola per la cena e aveva atteso il marito rincasare. Una volta a casa Giovanni Di Marino si era messo a tavola per cenare. È stato allora che la donna lo ha colpito alle spalle con una roncola. Sferrato il colpo mortale Lucia era tornata a letto a dormire.
22 febbraio 2011
Condannata a 16 anni di reclusione Lucia Vitale, la donna che nell’agosto del 2008 sgozzò il marito, Giovanni Di Marino, con una roncola nella cucina della loro casa, sita nella frazione Sant’Arcangelo. La sentenza è giunta ieri dalla Corte d’Assise d’Appello di Salerno. I giudici, pur riconoscendole la capacità di intendere e di volere, hanno respinto la condanna all’ergastolo avanzata dal procuratore generale Mariano Musella De Luca.
La Corte d’Assise d’Appello, pur ravvisando circostanze attenuanti generiche equivalenti alle circostanze aggravanti, ha previsto una pena di 2 anni superiore rispetto a quella inflitta alla Vitale in primo grado, allorquando le fu attribuita la semi-infermità mentale, con una condanna a 14 anni. La sentenza ha rammaricato profondamente l’avv. Ugo Della Monica, legale della famiglia Di Marino, che, non vedendo accolta la richiesta del massimo della pena, ha palesato l’intenzione di ricorrere in Cassazione.
Ricordiamo che nell’agosto 2008 Lucia Vitale uccise il marito, Giovanni Di Marino, mentre stava facendo colazione, colpendolo alla gola con una roncola a lama lunga e ricurva, uno strumento normalmente utilizzato per potare gli alberi, per poi tornarsene nel letto, dove cadde in un sonno profondo, causato da un pesante mix di farmaci che aveva ingerito. A scoprire l’assassinio fu poi il padre della vittima.
In primo grado, nell’ottobre 2009, la donna fu condannata dal giudice Elisabetta Boccassini, al termine di un processo celebratosi con il rito abbreviato, a 14 anni di reclusione, con i primi 3 anni da scontare in un ospedale psichiatrico, dato il riconoscimento della semi-infermità mentale.
Ieri, invece, dopo la perizia stilata da Maurizio Marasco e Stefania Zenobi, docenti dell’Università “La Sapienza” di Roma, circa la capacità d’intendere e di volere della donna al momento dell’omicidio, la vicenda ha subito un'evoluzione. Entrambi hanno, infatti, ravvisato aspetti come immaturità, aggressività ed impulsività nella personalità della donna, dichiarando pertanto l’assenza di alcuna malattia al momento del folle gesto.
fonte
L'amore per la sua compagna è costata la vita al 34enne Giovanni Di Marino. Stamattina nella sua abitazione di S. Arcangelo di Cava de' Tirreni l'uomo è stato ucciso dalla moglie, la 33enne Lucia Vitale, da tempo con seri problemi psichici. A dare l'allarme è stato il datore di lavoro del giovane, operaio edile, che intorno alle 7 di questa mattina non vedendolo sul cantiere ha intuito che ci fosse qualche problema. A scoprire la macabra scena è stato però il padre della vittima, il signor Salvatore Di Marino che con l'aiuto di una scala si è introdotto attraverso i balconi aperti all'interno dell'appartamento di via Idolongo a S.Arcangelo. La vittima, Giovanni Di Marino, era in cucina riverso in una pozza di sangue, lei era a letto come se nulla fosse ma con i vestiti sporchi di sangue. Sul posto sono giunti subito gli agenti della Polizia di Stato gudati dal vicequestore Pietro Caserta. Ad uccidere l'uomo sono stati due fendenti alla gola sferrati dalla donna in preda a raptus e che poi con molta tranquillità si è rimessa a letto. Lucia Vitale aveva già problemi psichici accertati tanto che oltre un anno fa aveva già tentato di uccidere il marito con un cocktail di medicinali diluidi in una bevanda. Anche in quella circostanza fu il datore di lavoro a dare l'allarme che salvò il giovane operaio. Quell'episodio sancì anche l'affidamento da parte del giudice del figlio maggiore di 9 anni ai nonni ma che incredibilmente lasciò in custodia alla donna l'altro figlio di 4 anni che presumibilmente ha assistito all'assassinio del padre questa mattina. Il povero Giovanni Di Marino aveva accettato comunque di restare vicino alla moglie per amore rifiutando di separarsi dalla compagna. Purtroppo questa mattina la follia ha deciso che fosse giunta la sua ora e la moglie ha compiuto l'insano gesto. E' stato il medico legale, il dottor Mastrangelo che dopo il magistrato di turno ad effettuare i primi esami sulla vittima. E mentre si attivavano i preparativi per il trasporto presso l'ospedale di S. Maria dell'Olmo per l'esame autoptico la folle omicida Lucia Vitale, dopo vari tentativi d'interrogatorio da parte degli agenti, veniva portata via in ambulanza. L'omicidio di Giovanni Di Marino ha risvegliato nel dolore l'intera S. Arcangelo che conosceva la vittima ed i suoi parenti.
link alla notizia: www.tvoggisalerno.it/mostra.php?cod_news=7044
14 ottobre 2010
http://www.positanonews.it/articoli/45863/cava_de_tirreni_sgozzo_il_marito_e_veramente_pazza.html
Sarà riascoltato in aula il perito che ha riconosciuto a Lucia Vitale la seminfermità mentale. È iniziato così ieri il processo in appello nei confronti di Lucia Vitale, la donna oggi 36enne che l'otto agosto del 2008 uccise il marito Giovanni Di Marino sgozzandolo con una roncola, mentre era a tavola per la cena. Lucia Vitale, condannata a 14 anni in primo grado (rito abbreviato) con il riconoscimento dell'attenuante del vizio parziale di mente, si è presentata in aula visibilmente provata, complici anche le cure farmacologiche a cui è sottoposta (attualmente è rinchiusa nel carcere di Fuorni). La donna, su autorizzazione del presidente della Corte d'Assise, si è seduta a fianco al suo avvocato Barbara Mauro. Davanti ai giudici della Corte d'Appello anche le parti civili rappresentate dall'avvocato Ugo Della Monica, legale della famiglia Di Marino, e dall'avvocato Maurizio Mastrogiovanni rappresentante del curatore speciale dei figli della coppia. Nel corso dell'udienza il pubblico ministero ha fatto proprio l'atto d'appello, presentato dalle parti civili (avvocato Della Monica) con la richiesta del massimo della pena (ergastolo/30 anni) e il riconoscimento della totale capacità di intendere e volere sia prima che in occasione dell'omicidio. Diverse le eccezioni presentate dalla difesa. L'avvocato Barbara Mauro ha visto accolta la richiesta di risentire in aula Gennaro Petruzziello, il perito nominato dalla Procura che come si ricorderà stilò la perizia con la quale fu riconosciuta alla Vitale la seminfermità mentale. In primo grado non ci fu alcuna audizione ma solo il deposito della perizia e dunque non fu possibile ascoltare il perito su alcuni punti, parsi contraddittori alla difesa. Il prossimo 18 ottobre il perito sarà ascoltato in aula. La storia La mattina dell'8 agosto 2008 dall'appartamento in via Ido Longo a Sant'Arcangelo si odono le urla della signora Vitale: la donna è sola in casa insieme al marito mentre i due figli sono a casa dei nonni materni. Quelle grida richiamano l'attenzione del padre di Giovanni Di Marino. Quando il papà di Giovanni entra nell'appartamento vede il figlio riverso sul pavimento della cucina in una pozza di sangue, accanto a lui la moglie. L'uomo è stato ucciso: colpito alle spalle con una roncola al collo. Un colpo che gli ha reciso la carotide. A sferrare quel colpo è stata la moglie, da tempo in cura per problemi psichici. Secondo le ricostruzioni, quella sera Lucia Vitale aveva apparecchiato la tavola per la cena e aveva atteso il marito rincasare. Una volta a casa Giovanni Di Marino si era messo a tavola per cenare. È stato allora che la donna lo ha colpito alle spalle con una roncola. Sferrato il colpo mortale Lucia era tornata a letto a dormire.
22 febbraio 2011
Condannata a 16 anni di reclusione Lucia Vitale, la donna che nell’agosto del 2008 sgozzò il marito, Giovanni Di Marino, con una roncola nella cucina della loro casa, sita nella frazione Sant’Arcangelo. La sentenza è giunta ieri dalla Corte d’Assise d’Appello di Salerno. I giudici, pur riconoscendole la capacità di intendere e di volere, hanno respinto la condanna all’ergastolo avanzata dal procuratore generale Mariano Musella De Luca.
La Corte d’Assise d’Appello, pur ravvisando circostanze attenuanti generiche equivalenti alle circostanze aggravanti, ha previsto una pena di 2 anni superiore rispetto a quella inflitta alla Vitale in primo grado, allorquando le fu attribuita la semi-infermità mentale, con una condanna a 14 anni. La sentenza ha rammaricato profondamente l’avv. Ugo Della Monica, legale della famiglia Di Marino, che, non vedendo accolta la richiesta del massimo della pena, ha palesato l’intenzione di ricorrere in Cassazione.
Ricordiamo che nell’agosto 2008 Lucia Vitale uccise il marito, Giovanni Di Marino, mentre stava facendo colazione, colpendolo alla gola con una roncola a lama lunga e ricurva, uno strumento normalmente utilizzato per potare gli alberi, per poi tornarsene nel letto, dove cadde in un sonno profondo, causato da un pesante mix di farmaci che aveva ingerito. A scoprire l’assassinio fu poi il padre della vittima.
In primo grado, nell’ottobre 2009, la donna fu condannata dal giudice Elisabetta Boccassini, al termine di un processo celebratosi con il rito abbreviato, a 14 anni di reclusione, con i primi 3 anni da scontare in un ospedale psichiatrico, dato il riconoscimento della semi-infermità mentale.
Ieri, invece, dopo la perizia stilata da Maurizio Marasco e Stefania Zenobi, docenti dell’Università “La Sapienza” di Roma, circa la capacità d’intendere e di volere della donna al momento dell’omicidio, la vicenda ha subito un'evoluzione. Entrambi hanno, infatti, ravvisato aspetti come immaturità, aggressività ed impulsività nella personalità della donna, dichiarando pertanto l’assenza di alcuna malattia al momento del folle gesto.
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