13 settembre 2009

Pubblichiamo uno studio americano sullo Stalking al femminile uscito sulla Rivista di Psichiatria Forense: Journal of the American Academy of Psychiatry and the Law nel 2003, il cui articolo originale in lingua inglese si trova a questo indirizzo.
Lo studio prende in esame alcune decine si stalker donna, la natura delle persecuzioni e le loro vittime.

Le stalker e le loro vittime

J. Reid Meloy, PhD , and Cynthia Boyd, PhD

Il Dr. Meloy è Professore-Clinico Associato presso il Dipartimento di Psichiatria dell’Università della California, San Diego, ed è laureato alla California School of Professional Psychology, San Diego, CA. Questa ricerca è stata finanziata da una borsa di studio Forensis, Inc. Indirizzare la corrispondenza a: J. Reid Meloy, PhD, P.O. Box 90699, San Diego, CA 92169. E-mail: jrmeloy@san.rr.com

Lo studio ha catalogato i dati anagrafici, clinici e forensi di 82 stalker-donne che hanno agito negli Stati Uniti, in Canada ed in Australia. Le stalker erano in maggior parte single, eterosessuali, scolarizzate fino a circa 25 anni, ed avevano perseguitato le loro vittime per più di un anno. Erano ravvisabili importanti disordini mentali e di personalità, specialmente personalità borderline. Di solito minacciavano violenza e, in tali casi, presentavano maggiori probabilità di agire la violenza. L’incidenza della violenza nella relazione era del 25%, ma l'uso delle armi era limitato e le lesioni di tipo lieve. Le vittime erano in maggioranza pregresse conoscenze maschili; ma se la vittima era stata un partner sessuale della stalker, la probabilità che questa agisse con violenza aumentava fino al 50%. A differenza degli stalkers-uomini, che spesso perseguitano le loro vittime per ristabilire un'intimità, le stalker perseguitavano spesso le loro vittime per instaurare l'intimità. I sentimenti e le motivazioni più diffuse includevano la collera, i pensieri ossessivi, la rabbia per l'abbandono, la solitudine, la dipendenza, la gelosia ed il tradimento percepito. I risultati sono interpretati in una prospettiva clinica di gestione del rischio.

J Am Acad Psychatry Law 31:211-19, 2003

La criminalità femminile è raramente studiata e poco capita. Sebbene il reato di stalking registri un crescente livello di attenzione1 nella ricerca, quel 15-20% di stalker-donne viene di solito “schiacciato”, in tutti i progetti di ricerca2-6, dalla maggior proporzione di stalker-uomini. La differenza di Genere fra gli stalker è stata studiata una sola volta7, in una clinica australiana di salute mentale forense. Purcell ed altri7 in quello studio hanno riscontrato che gli stalker-uomini superavano le donne per un rapporto di quattro ad uno. Le somiglianze [fra i due insiemi – n.d.t.] erano più frequenti delle differenze per la maggior parte delle variabili socio-anagrafiche, cliniche e forensi. Per le donne c’era una probabilità considerevolmente inferiore di far registrare un’anamnesi criminale, crimini violenti o una diagnosi di abuso di sostanze tossiche. Le probabilità che perseguitassero un estraneo erano considerevolmente inferiori, in confronto agli uomini, rispetto a quelle di perseguitare una pregressa conoscenza professionale, spinte dal “desiderio di instaurare un'intimità sentimentale con la vittima" (Ref. 7, p 2058). I tassi di minaccia e di aggressione non hanno mostrato differenze significative; tuttavia le donne avevano minori probabilità di minacciare e poi aggredire. Sebbene la frequenza di aggressione era leggermente più alta per gli uomini (36,7%), una su cinque delle stalker-donne (22,5%) ha aggredito l'oggetto di persecuzione.
Il reato di stalking, tipicamente definito come "molestie insistenti, preordinate e ripetute, che minacciano una persona o la sua sicurezza" (Ref. 2, p 258), è sempre più riconosciuto come un serio problema sociale e criminale, colpendo vaste fasce delle popolazioni in cui è stato studiato. Il rischio di diventare vittima di stalking, nel corso della vita, è stato calcolato negli Stati Uniti, in Australia ed in Gran Bretagna, e spazia dall’8 al 15% per le donne e dal 2 al 4% per gli uomini8. Se è vero che c'è uno stalker per ogni vittima, un vasto sondaggio telefonico randomizzato sulle vittime di stalking negli Stati Uniti, pubblicato nel 1997, indica che 179.135 donne avrebbero perseguitato un'altra persona nei precedenti 12 mesi9.
Scopo di questo studio era quello di mettere insieme un campione di casi di stalking femminile e di studiare le loro caratteristiche socio-anagrafiche, cliniche e forensi. Dato il numero abbastanza esiguo di donne rinviate a giudizio o condannate per stalking in ciascun Paese, abbiamo cercato di raggruppare casi rilevati dal maggior numero possibile di collaboratori e nelle più svariate aree geografiche, per aumentare la validità esterna delle nostre scoperte.

Metodo
Il progetto dello studio è consistito in un'indagine di professionisti della salute mentale e della tutela giudiziaria. E’ stato usato un gruppo statico di confronto per testare alcuni casi dubbi del campione. I collaboratori, ricercatori con competenza ed esperienza nello stalking, sono stati individuati negli Stati Uniti, in Canada ed in Australia fra giugno 2000 e marzo 2001. Questi professionisti erano conosciuti al primo autore, in alcuni casi attraverso le loro pubblicazioni. I casi di stalking sono stati considerati basandosi sul seguente criterio di selezione: una donna adulta (dai 18 anni in su) che abbia messo in atto un comportamento di stalking così come definito dal Codice Penale della California: "…Qualunque persona che intenzionalmente, ripetutamente e testardamente perseguita o molesta un'altra persona e che manifesta una minaccia credibile, con l'intento di determinare in quella persona un ragionevole timore per la sicurezza propria o della propria famiglia"10.
Per annoverare i casi non erano necessarie specifiche imputazioni o condanne, ma il comportamento doveva essersi verificato in più di un'occasione.
Lo strumento d’indagine è stato sviluppato dagli autori basandosi principalmente sulla ricerca pubblicata studiando gli esecutori maschi. È consistito in 140 domande categoriche distribuite in 11 sezioni: (1) profilo socio-anagrafico dell'esecutore; (2) anamnesi psichiatrica e psicologica; (3) uso di droghe o alcol; (4) precedenti penali; (5) schemi comportamentali; (6) sentimenti e motivazioni che hanno indotto allo stalking; (7) minacce; (8) violenza; (9) escalation; (10) caratteristiche della vittima; e (11) intervista della vittima. Lo strumento d’indagine è disponibile presso gli autori. Stante la natura accademica dello studio, il consenso del soggetto non è stato necessario. I soggetti non erano identificati con le generalità. I dati sono stati elaborati su computer con sistema operativo Windows 9.0. Le frequenze e le percentuali sono state calcolate basandosi sulla sufficienza di dati per determinare la presenza o l'assenza di ogni variabile. Le ipotesi deduttive sono state testate mediante l’analisi chi-square. L’approssimazione statistica è stata fissata a. 0,5.

Risultati
Trentanove persone hanno risposto alla richiesta di partecipazione come nostri collaboratori nella ricerca. Trentatre (84.6%) hanno completato e restituito lo strumento d’indagine: 20 professionisti della salute mentale, 8 professionisti della tutela giudiziaria, 1 professionista della sicurezza privata, 3 vittime di stalking ed 1 parente di una vittima. I dati usati per completare lo strumento di ricerca sono stati riuniti con i file dei casi seguiti dai collaboratori. Ottantadue casi di stalking femminile sono affluiti nel nostro database dal Canada (10), dagli Stati Uniti (62) e dall’Australia (10). 
 
Profilo socio-anagrafico delle autrici
Le età dei soggetti spaziavano dai 18 ai 58 anni (media: 37; SD, 9,50). La maggior parte erano bianche (n = 61; 77%), per il resto erano afro-americane (n = 6; 8%), asiatiche (n = 5; 6%), ispaniche (n = 4; 5%) ed altro (n = 3; 4%). (Laddove il totale non raggiunge 82, significa che i dati per questa specifica variabile mancavano).
L’88% (n 68) aveva conseguito almeno la licenza di scuola media inferiore. Il 38% aveva conseguito il diploma di scuola media superiore o la laurea. Sebbene dati attendibili sul QI fossero disponibili solo per 24 soggetti, il 96% ha ricevuto una valutazione media di “QI superiore” (n 23).
L’80% dei soggetti erano eterosessuali (n = 60), l’8% lesbiche (n = 6) ed il 12% bisessuali. Il 58% erano single (n = 45), il 13% sposate (n = 10) ed il 21% erano divorziate (n = 16). Il 67% non avevano figli (n = 55), il 33% aveva un o più bambini (n = 27). Il 7% aveva da tre a cinque bambini (n = 6). Il 45% aveva avuto una storia di abuso sessuale, il 30% (n = 12) aveva sperimentato l'abuso fisico e l’8% (n = 3) aveva sofferto un trauma emotivo. Comunque, i dati sulla variabile degli abusi mancavano per la metà dei soggetti.

Informazioni psichiatriche e psicologiche
Solo un sotto-campione di soggetti avrebbe potuto essere attendibilmente diagnosticato per l'Axis I (n 24) e l’Axis II (n = 22). La diagnosi Axis I include, in ordine decrescente di frequenza, la sindrome maniacale (n = 5), la depressione maggiore (n = 4), la schizofrenia (n = 3), la distimìa (n = 2), il disordine bipolare (n = 2), il disordine di adattamento (n = 2), il disordine schizo-affettivo (n = 2), ed il disordine psicotico non altrimenti specificato (NOS) (n = 2). La diagnosi Axis II comprende, in ordine decrescente di frequenza, la personalità borderline (n = 10), la personalità narcisistica (n = 3), la personalità dipendente (n = 3), disordini di personalità NOS (n = 2) e la personalità compulsivo-ossessiva. Ad una donna è stata diagnosticata più di una sindrome.
La metà delle donne (49%) valutate psichiatricamente all’epoca della perpetrazione dello stalking (n = 39) erano state giudicate psicotiche. Il sintomo psicotico più rilevante erano le manie (n = 14). Un terzo (n = 27) delle donne registravano, nel loro pregresso, almeno una degenza di tipo psichiatrico. Nell'anno precedente all’attuazione dello stalking il 38% delle donne (n = 25) aveva sofferto almeno di una perdita personale grave, di solito un rapporto sentimentale. Il 17% (n = 11) ha riferito perdite multiple, come sentimentale, finanziaria, dell’affidamento di un figlio e della casa.

Uso di droghe o alcol
I tre quarti delle donne (n = 49) hanno negato una storia di abuso di sostanze. Un terzo delle donne, comunque, ha usato, secondo quanto riferito, le seguenti sostanze, in ordine decrescente di frequenza, mentre agivano lo stalking: alcool (n = 17), cannabis (n = 10), anfetamine (n = 4), oppiacei (n = 1), ipnotici e sedativi (n = 1). V'era un uso non riferito di cocaina, allucinogeni, phencyclidine (PCP) o steroidi.

Precedenti penali
Ventotto (37%) delle stalker avevano precedenti penali prima dello stalking, ma solo tre (7%) avevano avuto precedenti nella minore età. Il 16% erano già state arrestate da una a quattro volte per stalking.

Schemi comportamentali
Il più delle volte le stalker conoscevano bene la vittima (n = 40, 50%). Il 27% (n 22) erano state un partner sessuale della vittima, il 21% (n = 17) erano delle estranee ed il 2% (n = 2) erano membri della famiglia. I vari mezzi usati per perseguitare le vittime in questi contesti sono elencati nella Tavola 1. Approcci multipli erano adottati dalla maggior parte delle stalker. Poco meno della metà dei soggetti (n 40 = 49%) seguivano ovunque loro vittime

Sentimenti e motivazioni
La Tavola 2 illustra i sentimenti e le motivazioni delle stalker, come riportati dai collaboratori della ricerca sulla base dei rapporti di polizia, dei racconti di vittime e testimoni, dei referti degli psicoterapeuti e di quanto riferito dalle autrici. Le tipologie erano tratte dalle conoscenze disponibili. Nella maggioranza dei casi veniva riferita una pluralità di sentimenti o motivazioni.
Minacce
Si definisce “minaccia” la “comunicazione scritta od orale che, implicitamente o esplicitamente, manifesta il desiderio o l'intento di danneggiare, ferire o uccidere il bersaglio" (Ref. 11, p 90). Il 65% delle stalker aveva minacciato le loro vittime. Quarantuno donne avevano minacciato verbalmente, 23 avevano scritto delle minacce e 34 avevano manifestato minacce plurime. Diciannove donne avevano minacciato l’omicidio.
Le minacce erano suddivise in due categorie: espressive e strumentali11.
Le minacce espressive sono usate principalmente per modulare l’azione offensiva della stalker e sono spesso perpetrate manifestando collera o frustrazione (un esempio dal nostro studio: "Rovinerò i suoi affari!!!”). Le minacce strumentali sono usate per controllare o influenzare il comportamento della vittima attraverso un messaggio contraddittorio (un esempio dal nostro studio: "Non darmi della pazza: non voglio farti del male come ne ho fatto agli altri"). Quaranta donne avevano proferito minacce espressive e 42 minacce strumentali. La maggior parte delle donne aveva manifestato minacce espressive e strumentali. Le minacce erano state seguite da violenza verso la vittima in 15 (30%) casi, il che rappresenta il tasso di vero-positivo. Il tasso di falso-positivo sarebbe quindi del 70%. Esiste, comunque, un tasso di falso-negativo del 15% (n = 3) che si riferisce alle stalker manifestatesi violente senza aver prima espresso minacce. Non emerge un rapporto significativo fra una pregressa intimità sessuale e la manifestazione di minacce (x² [1, n = 77] = 1,16, p. = ,281).

Violenza verso persone e beni
La violenza era definita come "un atto intenzionale di aggressione, diretto verso uno specifico essere umano o verso beni, che ferisce o danneggia materialmente, o è idoneo a ferire o danneggiare materialmente la persona o i beni" (Ref. 12, p 6).
Il 25% (n = 20) delle stalker erano fisicamente violente verso le vittime.
Altri aspetti di comportamento violento erano riferiti solo per un piccolo sotto-campione di donne e sono rappresentati nella Tavola 3. Nella maggioranza dei casi in cui erano disponibili i dati, le ferite della vittima non avevano richiesto assistenza sanitaria. Quando era stata usata un'arma era di solito un coltello, una pistola o un'automobile. Altri tipi di oggetti contundenti usati come armi improprie contemplavano un mattone, una sasso, una borsa, un libro, una zappa da giardinaggio ed un ventilatore elettrico portatile. Delle 83 vittime di questo studio 3 erano state uccise dalle loro stalker. Nella maggior parte dei casi la violenza era istintiva (irrazionale, reattiva) piuttosto che predatoria (fredda, pianificata)13-14. Tutti gli omicidi risultavano predatori se analizzati secondo criteri forensi14.
Esiste un rapporto significativo fra una pregressa intimità sessuale e la violenza verso la vittima [x² [1, n = 77] = 10,62, p < ,05). L’intensità di questa correlazione era moderata (Ø = ,37, p < ,05). Il 55% delle pregresse partner sessuali erano violente; il 15% del resto del campione erano violente. La condizione di pregressa conoscenza e la violenza verso la vittima erano considerevolmente correlate (x² [1, n = 79] = 4,02, p < ,05). L’intensità di questa correlazione era moderata (Ø = 23, p < ,05). Non esiste un rapporto significativo fra la condizione di estraneità e la violenza. La presenza di una minaccia e successivi atti di violenza verso la vittima sono positivamente e significativamente correlati (x² [1, n 76] = 4,30, p < ,05). L’intensità di questa correlazione è moderata (Ø = ,24, p < ,05).

Escalation
Le stalker avevano con le loro vittime contatti quotidiani (n = 37, 52%), settimanali (n = 4, 34%) o mensili (n = 10, 14%). Lo stalking è durato meno di 1 anno in 23 (32%) casi; da 1 a 5 anni in 38 (54%) casi; da 6 a 10 anni in 9 (13%) casi; più di un decennio in 1 caso. L’escalation era caratterizzata da un aumento di frequenza dei contatti durante lo stalking (n = 51, 66%) ed da un aumento dell'intrusività (n = 55, 73%). Per esempio, il numero di lettere inviate aumenterebbe oltre un dato periodo (frequenza), o lo scrivere lettere come metodo di stalking sarebbe soppiantato dalla persecuzione fisica (intrusività). Sebbene la modalità di stalking della maggioranza delle donne si fosse evoluta secondo la nostra descrizione, non abbiamo misurato la gravità dell’intrusività o il tasso d’incremento della frequenza.

Caratteristiche delle vittime
Le vittime delle stalker erano soprattutto uomini (n = 52, 67%). Il 90% (n = 72) erano bianchi, il 5% (n = 4) erano ispanici, il 2% (n = 2) erano afroamericani e l’1% (n = 1) era asiatico. Le loro età spaziavano da 16 a 68 anni (media, 41,30; SD, 11,08). Il 94% (n = 74) erano eterosessuali. Il 46% (n = 36) erano sposati, il 17% (n = 13) erano divorziati e il 27% (n = 22) erano single. La metà delle vittime non avevano un nucleo familiare (n = 43, 52%).

Reazione delle vittime allo stalking
Undici delle vittime (sei donne e cinque uomini) erano state perseguitate nel passato, di solito da un estraneo (n = 7). Solo due erano stati precedentemente perseguitati da un pregresso partner sessuale e tre da un conoscente. Un terzo delle vittime era entrato in contatto con la stalker dopo che lo stalking era iniziato (n = 22), contatto che si è intensificato a seguito del comportamento persecutorio nel 68% di questi casi (n = 15). In un caso viene riferita una diminuzione del comportamento persecutorio e in sei casi non si registra nessuna variazione. Un elenco completo delle reazioni delle vittime è riportato nella Tavola 4.
Il 97% delle vittime erano consapevoli, secondo quanto riferito, di essere gli artefici decisivi della propria sicurezza personale, ed il 90% hanno tratto giovamento dalla tutela giudiziaria.

Discussione
Questo studio ha diversi limiti. Non potevamo valutare clinicamente la maggior parte dei soggetti femminili, sebbene 20 professionisti della salute mentale abbiano fornito dati clinici su un campione. Dipendevamo dall'osservazione e dall'interpretazione dei dati da parte di altri professionisti, senza i parametri standard di attendibilità. I nostri dati clinici sono particolarmente deboli, data l'assenza di interviste strutturate e di esame psicologico per la maggior parte dei soggetti.
Come per tutti gli studi basati su archivi, mancavano i dati ed era quindi preclusa l’elaborazione di proiezioni statistiche. Come per tutte le indagini, non disponevamo di un gruppo di controllo o confronto. Dato l’esiguo numero di stalker-donne disponibili ovunque per studio, i nostri 82 soggetti non erano randomizzati, il che limita la generalizzazione dei nostri risultati. Abbiamo tentato di compensare questi limiti prendendo i soggetti da aree geografiche molto diverse in tre differenti paesi. Non c'erano neppure valutazioni mediche dei nostri soggetti: un limite importante, data la presenza di problemi organici e/o neurologici in due studi su un piccolo campione di stalker-uomini24,33. Malgrado queste lacune, riteniamo che i nostri risultati pongano basi importanti per le future ricerche.
Le stalker sembrano simili agli stalker-uomini quanto all’età ed alla condizione familiare: la maggioranza sembrano essere donne single intorno ai 35 anni. Purcell ed altri7 hanno riscontrato che l'età media del loro campione era di 35 anni e, congruamente, gli stalker-uomini sono stati riscontrati essere intorno ai 35 anni e non sposati2-6. Una storia di un paio di relazioni sessuali fallite sembra caratterizzare gli stalker sia uomini che donne. Il reato di stalking, inoltre, esprime un intenso travaglio e dimostra la loro disperazione o la loro efficienza o entrambi, posto che un terzo delle stalker probabilmente accudivano i figli nello stesso tempo.
Ancora una volta, l'istruzione ed il QI appaiono più alti fra le stalker rispetto alle criminali in generale: un dato che trova conferma nei campioni maschili6. Le stalker sembrano essere intelligenti ed istruite, il che potrebbe tradursi in una sofisticazione criminale che, malgrado le loro altre carenze, potrebbe contribuire all’efficacia nella persecuzione delle loro vittime maschili. Sebbene i dati sull’abuso fisico e sessuale fossero limitati, tale abuso è similmente e confusivamente evidente in altri campioni di criminali donne15. Esso suggerisce anche una genesi traumatica piuttosto che una base costituzionale per l'alta frequenza di sindrome borderline fra le stalker16 ed eleva le probabilità di sindrome da stress post-traumatico (PTSD).
Sebbene i nostri dati psichiatrici fossero limitati, laddove le valutazioni erano disponibili, alla maggior parte delle donne era diagnosticabile sia l'Axis I che l’Axis II. Come per gli uomini, così fra le donne le condizioni Axis I erano varie e si condensavano nel’area della depressione, della psicosi o di entrambe. L'assenza di qualunque sindrome ansiosa, particolarmente PTSD, era imprevista ed incongruente con la prevalenza di personalità borderline. Una donna su cinque con diagnosi certa di Axis I aveva una sindrome maniacale, una condizione rara anche fra i pazienti psichiatrici, ma che potrebbe occorrere più frequentemente fra le stalker che fra gli stalker. Nel panorama della salute mentale è dimostrato che la sindrome maniacale è più frequente nelle donne che negli uomini17.
I disordini dell’Axis II sembrano seguire lo schema maschile, con i disturbi di personalità del gruppo B più ricorrenti. Il disturbo borderline era previsto ed è stato riscontrato per tre ragioni: primo, viene diagnosticato più spesso fra le donne; secondo, è definito nel DSM-IV dalla sua intensità ed instabilità e dalla paura dell’abbandono; e terzo, è correlato con una patologia latente di “attaccamento insicuro” nella violenza domestica e nella letteratura sullo stalking maschile18. La teoria delle “relazioni-oggettualizzanti” suggerisce che gli individui con “attaccamento insicuro” esprimono una valenza emotiva positiva verso il prossimo (idealizzazione) ed una valenza emotiva negativa verso se stessi (svalutazione).19 Le loro rappresentazioni interiori sono parzialmente correlate all'oggetto, nonché pre-edipiche.20 Tendono ad strutturarsi su un livello di personalità borderline.21

Significativamente assente fra le stalker è il disordine di personalità antisociale (ASPD). Questa scoperta ricalca il basso tasso di ASPD (e relativa psicopatia per inferenza) fra gli stalker - di solito meno del 10%.6 Tassi tipici di ASPD fra gli aggressori uomini sono dal 50 al 75%.22 Questi risultati sembrano conseguenza delle differenze di genere nella diagnosi di ASPD e dell'assenza di una patologia di relazione emotiva svalutante: uno schema di elaborazione interiore in cui gli altri sono svalutati ed il sé è idealizzato, una disposizione narcisistica in virtù della quale gli altri sono usati, utilizzati e gettati via, piuttosto che disperatamente cercati23. Una significativa deprivazione personale, nell’anno precedente l’inizio dello stalking, per molte donne del nostro gruppo potrebbe aver ulteriormente precipitato le loro condotte, o almeno esacerbato la latente, precaria relazione emotiva.18 Kienlen ed altri24 hanno trovato che l’80% di un piccolo campione di stalker-uomini detenuti aveva avuto una significativa deprivazione personale (relazione affettiva o lavoro) nei 7 mesi precedenti l'inizio dello stalking. La maggior parte dei soggetti in Kienlen ed altri avevano anche sofferto il cambiamento o la perdita di una primaria figura di accudimento durante l'infanzia.
Le precedenti ricerche sugli stalker-uomini avevano indicato che per la maggior parte essi conoscevano le loro vittime e il tipo più comune di rapporto intercorso era la relazione sessuale (45–50%).2-6 Nel nostro studio il più comune rapporto intercorso era la "conoscenza", mentre una pregressa intimità sessuale si era verificata solo in un caso su quattro. La stalker era una completa estranea per la vittima in un caso su cinque. Purcell ed altri7 hanno ottenuto, per l'intimità sessuale, risultati quasi uguali nel loro gruppo di 40 stalker-donne, 10 delle quali sono incluse nel nostro studio. Gli altri studi sulle vittime di stalker-uomini sono compatibili con queste conclusioni. Hall25 riporta nel suo studio che i due terzi delle vittime maschili erano perseguitate in una fase antecedente alla semplice conoscenza (e non intimità), e Tjaden e Thoennes9 hanno riscontrato che gli uomini tendono essere perseguitati da donne conoscenti ed estranee, non da precedenti partner sessuali. Questi risultati, che si distaccano significativamente dalle evidenze secondo cui le vittime di stalker-uomini sono delle precedenti partner sessuali, fornisce un supporto stimolante alla teoria di Purcell ed altri7, secondo cui le stalker sono motivate dalla volontà di instaurare un’intimità con le loro vittime, laddove gli stalker cercano di mantenere l'intimità con le loro precedenti partner.

Il comportamento persecutorio delle donne era multiplo e vario, ciò che vale anche per gli stalker4,6,8. Sembra, comunque, che l’azione più frequentemente proibita dalle leggi sullo stalking, l’appostamento, sia intrapreso meno spesso dalle donne che dagli uomini. Il nostro dato del 49% [di stalker-donne] che pedinano le loro vittime è praticamente identico al 50% di Purcell ed altri, il che, in definitiva, era considerevolmente inferiore [alla percentuale] del loro campione comparativo maschile. Fra gli stalker, dal 48 all’80% seguono le loro vittime.2-6
Probabilmente gli avvicinamenti indesiderati, essendo un comportamento particolarmente aggressivo, sono più consoni ad uno stalking maschile. Le donne, inoltre, sembrano essere “creativamente” aggressive con varie modalità simulate: invadono la sfera dei conoscenti, vandalizzano i beni, si appostano, entrano con effrazione e rubano beni della vittima. Tutti queste modalità non comportano il rischio di un confronto fisico diretto con la vittima maschile, almeno fino ad oggi

Che cosa motiva le stalker? Collera ed ostilità erano riferite dai due terzi del nostro gruppo, così come dal 55% di un precedente campione di stalker-uomini.6 Il tratto comune dell’ossessione, forse un corollario cognitivo della collera in queste donne, accredita ulteriormente il ruolo preminente dei pensieri morbosi fra tutti gli stalker.1,4,8
La rabbia causata dall'abbandono nella metà del campione è compatibile con una diagnosi di personalità borderline e potrebbe riattivare sensazioni e paure, reali o immaginari, di negligenza dei genitori. Tale rabbia verso la vittima sembra basarsi su un transfert di percezioni e sensazioni, forse del tipo psicotico, poiché almeno la metà della rabbia correlata ad abbandono veniva riferita da nostri soggetti che non avevano avuto una pregressa relazione intima con le loro vittime.
Gli altri sentimenti comuni al disagio dell’esperienza umana - solitudine, dipendenza, gelosia, desiderio di rappresaglia, bisogno di potere e controllo - sono presenti fra le stalker, ma potrebbero necessitare di una condizione psichiatricamente diagnosticabile per sfociare in un comportamento aberrante ed inopportuno. Nella maturazione si potrebbe imparare a gestire tale condizione [scatenante]: gli stati d’animo possono essere provati senza agirli. Come negli altri studi sullo stalking6, esplicite motivazioni sessuali appaiono insolite.
Sebbene il terreno fertile per lo stalking maschile - l'isolamento sociale, la solitudine e l'inettitudine relazionale - sia indicato dai nostri dati [come valido] anche per le donne, il ruolo del narcisismo patologico, - specificamente la capacità e la grandiosità nella rievocazione di fantasie narcisistiche – sembra [nelle donne] inferiore.11 Le donne sembrano più intente a formare un attaccamento, senza badare alle conseguenze negative; a lenire sentimenti di solitudine, dipendenza e collera, piuttosto che a restaurare un rapporto narcisisticamente idealizzato, ciò che caratterizza gli stalker-uomini.
Le stalker minacciano le loro vittime con lo stesso tasso degli uomini (50–75%).26 Abbiamo riscontrato anche una maggiore probabilità di violenza se la minaccia era stata comunicata dalla stalker alla sua vittima. L’intensità di questa correlazione, comunque, era debole – dato, questo, simile al caso stalker-uomini5-12. Questa scoperta sottolinea un importante assioma nella gestione del rischio: le minacce nei casi di stalking aumentano il rischio [di violenza], ma poiché sono così comuni non dovrebbero essere usate per predire la violenza. L'analisi delle minacce verbalizzate dovrebbe essere subordinata ad un'analisi del comportamento che potrebbe recare pericolo alla vittima.27
Abbiamo scoperto che le minacce espresse dallo stalker maschile e femminile sono attuate con un tasso di probabilità simile. I tassi di vero-positivo per gli uomini sono dal 25 al 35%28. Il tasso di vero-positivo per la violenza personale in questo campione di stalker-donne era del 30%. Il tasso di falso-negativo (nessuna minaccia seguita da violenza) è basso, come ci si aspettava e, limitatamente all’ambito degli stalker-uomini (13–23%; Ref. 28), si orienta di solito verso le parti intime di precedenti partner sessuali. Se una stalker non minaccia, sembra esserci una probabilità su sette che attaccherà la vittima.

La frequenza della violenza fra gli stalker-uomini è dal 25 al 40%28. Quando le vittime sono precedenti partner sessuali la frequenza della violenza supera sostanzialmente il 50% Le stalker non differiscono5,12. Quando i precedenti partner sessuali erano vittimizzati, la frequenza della violenza aumentava sostanzialmente al 55%. Purcell ed altri7 riportavano un tasso di aggressione del 22,5% per tutte le stalker, quasi identico alla nostra conclusione globale per la violenza interpersonale.

Le buona notizia è che nella maggioranza dei casi la violenza non era stata seria, non aveva richiesto l'assistenza sanitaria per le ferite riportate e non aveva coinvolto l’uso di un'arma (vede Tavola 3). Anche quando era stata usata un'arma, i nostri dati limitati suggeriscono che non aveva causato ferite in due casi su tre. Questa conclusione è simile a quella di Meloy ed altri12 che riferivano di nessuna ferita riportata quando era stata usata un’arma in un campione di stalker-uomini (n = 59). La loro scoperta indica che le armi erano usate per spaventare, minacciare o controllare, piuttosto che ferire la vittima. Le stalker potrebbero avere una motivazione simile quando brandiscono un coltello o una pistola.

La ricerca sulla violenza riguardante lo studio di stalker-uomini ha confermato anche un rapporto forte e significativo fra il rischio di violenza e la precedente intimità sessuale con la vittima12. Uno studio ha concluso di aver predetto la violenza correttamente nel 97% dei casi.12 Abbiamo verificato quest'ipotesi con le stalker usando un paragone non parametrico ed abbiamo trovato lo stesso rapporto, quantunque più debole. La violenza interpersonale ha avuto un'associazione moderata con il precedente partner sessuale, un'associazione debole con i conoscenti e nessuna associazione con gli estranei. Sembra che il rischio di violenza si affievolisca mano a mano che il rapporto interpersonale fra le parti si fa più vago. Più il rapporto fra la stalker e la vittima è distaccato e più può restare idealizzato, con maggior spazio per la vittima di manovrare psicologicamente per evitare la collera e l'ostilità dirette. Per esempio, terze persone potrebbero costituire un opportuno bersaglio per dirottare l’aggressione.29 Diagnosi di psicosi sono anche notevolmente prevalenti fra stalker-uomini che perseguitano estranei6,24 (avevamo dati insufficienti per testare ciò nel nostro campione femminile), e le stalker che sono maniacali, magari erotomani, potrebbero così mantenere più facilmente le loro ideazioni irrazionali nel corso di una relazione istintiva .
Quale che sia la base per l'idealizzazione continua sulla vittima, la distanza e la frustrazione potrebbero anche diminuire l'intensità dei sentimenti di collera, gelosia o paura di abbandono, che sono il carburante per la violenza passionale.11

Il tasso di omicidio valutato fra gli stalker-uomini è dello 0,25%.30 In questo studio abbiamo avuto due soggetti che hanno ucciso intenzionalmente tre vittime, ma il nostro campione è troppo esiguo per elaborare un tasso di omicidio valido per le stalker. Entrambe le donne vivevano nella contea di San Diego, California; erano le precedenti partner sessuali delle vittime; ed avevano commesso atti di violenza predatoria premeditata, risoluta e fredda. Nel primo caso una 26enne aveva minacciato e si era imposta al suo precedente ragazzo per più di un anno, aveva affittato un appartamento vicino a lui e lo aveva colpito a morte con una 357 Magnum davanti al suo appartamento. Il test psicologico ha indicato un QI medio. Lo psicologo e lo psichiatra che l’hanno esaminata hanno concordato che aveva una personalità borderline con caratteristiche antisociali.31 Nel secondo caso una 41enne aveva coinvolto il precedente marito in cinque anni di vandalismo, minacce, telefonate, violazioni di domicilio, danneggiamenti ai suoi beni e battaglie giudiziarie finanziarie e per l’affidamento del figlio. Infine aveva sparato, uccidendoli, a lui ed alla sua nuova moglie con una calibro 38, nelle prime ore del mattino, mentre dormivano nel loro letto.31 Esaminata, la sua diagnosi era di depressione grave e personalità borderline con caratteristiche narcisistiche ed istrioniche. Uno del nostro gruppo ha tenuto contatti con questa persona nel corso di questa ricerca e lei ha scritto della sua vittima, “[Egli] era un bastardo malato, con molto potere verso i giudici corrotti che agivano in quei tribunali negli anni ‘80” Era stata in prigione per più di un decennio.

Tutti i colpevoli violenti di entrambi i generi tendono a prendere di mira vittime dello stesso genere nel 70-75% dei casi.15 Questo non era il caso nel nostro studio. Le stalker violente avevano preso di mira gli uomini il 67% delle volte. I nostri risultati indicano che lo stalking, violento o no, è un crimine che di solito si svolge fra i due sessi, senza distinzioni per il genere dell'esecutore e lo stalking verso lo stesso genere è l'eccezione alla regola.8 Il desiderio abnorme di stabilire un vincolo di coppia eterosessuale con una persona riluttante potrebbe sussumere i modelli violenti visti fra gli altri tipi di donne criminali.

La maggior parte delle stalker perseguitano le loro vittime da uno a cinque anni. Sebbene non avessimo dati per determinare la lunghezza media delle condotte del campione, questo intervallo ricade nella durata prevista dalla maggior parte dei casi di stalking, che è di 1,8 anni.9
In Mullen ed altri8 un vasto campione di stalker australiani, sia uomini che donne, ha evidenziato una durata di stalking compresa fra 8 e 38 mesi. Le loro stalker hanno avuto una durata media di 22 mesi.7

Vittime delle stalker, in media, erano degli uomini almeno un decennio più vecchi delle vittime femminili degli stalker. Tjaden e Thoennes9 hanno riferito un'età media di 28 anni nel loro sondaggio telefonico a caso presso vittime di stalking negli Stati Uniti. Le stalker e le loro vittime sono quasi coetanee, essendo l’età media delle donne di 37-38 anni e quella degli uomini di 40-41. C'è una simmetria evolutiva fra tutti questi dati, anche se si tratta di comportamento disadattato; la maggior parte degli uomini perseguita donne più giovani per coartarle ad una relazione sessuale, e la maggior parte delle donne preferisce uomini più vecchi per vincolarli in una relazione sessuale. Le donne, comunque, hanno più probabilità degli uomini di intraprendere lo stalking verso il proprio stesso sesso. Un terzo delle vittime nel nostro studio erano donne, mentre Purcell ed altri7 hanno trovato che quasi metà delle vittime nel loro studio erano donne. La ragione di questi risultati rimane oscura.

Le vittime hanno reagito alle loro stalker con una gamma di comportamenti (vedi Tavola 4) che riflette i tentativi di evitare la stalker, limitare legalmente la sua possibilità di avvicinare la vittima e collaborare attivamente con le forze dell’ordine per implementare un’indagine penale contro di lei. I nostri dati, comunque, presentano un quadro eccessivamente ottimistico, perché la maggior parte delle vittime di stalking, uomini o donne, non denuncia gli episodi alla polizia.9 Nel nostro studio, la reazione attiva della vittima è il risultato di una selezione, poiché praticamente tutti i soggetti ci erano stati forniti attraverso le forze dell’ordine o gli organismi per la salute mentale.

Non sappiamo quanto queste strategie abbiano funzionato, ma sappiamo che il confronto diretto della stalker con la sua vittima non è usuale. Fra le 22 vittime che hanno instaurato un contatto con la stalker dopo l’inizio dello stalking, questo è aumentato nel 68% dei casi. Questo è il primo supporto empirico all'assunto secondo cui qualunque tipo di contatto instaurato, senza distinzione fra parole o colpi scambiati, è un rafforzamento intermittente positivo ed è probabile che incrementi la frequenza del successivo comportamento persecutorio.

Ringraziamenti
Siamo profondamente grati alle seguenti persone per la loro collaborazione nel nostro studio: Stacy Baradino, Kimberly Bistis, Paul Bristow, Susan Crabtree, Joe Davis, Dennis Donovan, Gary Farkas, Susan Fisher, Larry Froley, James Johnson, Kristine Kienlen, Steve Lang, Suzanne MacKaye, Wayne Maxey, Dave McMullen, Paul Mullen, Doreen Orion, Vanessa Payne, Linda Pounds, Mike Proctor, James Reavis, Jill Ricke, Diana Riehm, Ann Rose, Bernie Schell, Glenn Sheil, Christine Taylor, Ann Troy, Judy Tyler, Kerry Wells, and Rick Wildman.

Note bibliografiche:
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3. Harmon R, Rosner R, Owens H: Sex and violence in a forensic population of obsessional harassers. Psychol Public Policy Law 4:236–49, 1998
4. Zona M, Sharma K, Lane J: A comparative study of erotomanic and obsessional subjects in a forensic sample. J Forensic Sci 38: 894–903, 1993
5. Palarea R, Zona M, Lane J, et al: The dangerous nature of intimate relationship stalking: threats, violence and associated risk factors. Behav Sci Law 17:269–83, 1999
6. Meloy JR, Rivers L, Siegel L, et al: A replication study of obsessional followers and offenders with mental disorders. J Forensic Sci 45:189–94, 2000
7. Purcell R, Pathe M, Mullen P: A study of women who stalk. Am J Psychiatry 158:2056–60, 2001
8. Mullen P, Pathe M, Purcell R: Stalkers and Their Victims. London: Cambridge University Press, 2000
9. Tjaden P, Thoennes N: Stalking in America: Findings from the National Violence Against Women Survey. Denver, CO: Center for Policy Research, 1997
10. California Penal Code, § 646.9 (West 2002)
11. Meloy JR: Stalking: an old behavior, a new crime. Psychiatr Clin North Am 22:85–99, 1999<
12. Meloy JR, Davis B, Lovette J: Violence risk factors among stalkers. J Threat Assess 1:1–16, 2001
13. Meloy JR: The Psychopathic Mind: Origins, Dynamics and Treatment. Northvale, NJ: Aronson, 1988
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15. Greenfield L, Snell T: Women Offenders (Bureau of Justice Statistics Special Report NCJ 175688). Washington, DC: U.S. Department of Justice, 1999
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