
Venerdì 4 maggio 2007, a Roma, il Cepic - Centro europeo di psicologia investigazione e criminologia (associazione impegnata nella formazione, ricerca, sostegno e consulenza in ambito criminologico, investigativo e psicologico) - ha organizzato il secondo convegno nazionale sulla violenza di genere.
Un evento innovativo nel suo genere, nel quale si sono affrontate tematiche spesso ignorate e sottaciute.
Questo secondo convegno nazionale sulla violenza di genere, segue il primo incontro di gennaio, in cui è stata trattata la violenza domestica verso la donna. “Ho scelto di organizzare un secondo convegno incentrato sull’uomo – dichiara Chiara Camerani, psicologa, criminologa, direttrice Cepic - Centro Europeo di psicologia investigazione e criminologia - perché ritengo che il concetto di violenza di genere sia spesso inteso come indissolubilmente legato alla figura femminile, ma non può e non deve essere così.
I cambiamenti sociali, i traguardi sul versante della parità hanno creato nuove categorie deboli e nuove forme di violenza. A fronte della violenza cieca, diretta dell’uomo, abbiamo una violenza subdola, vendicativa, tipica della donna, che spinge a distruggere non solo il coniuge, ma il suo ruolo genitoriale, la sua posizione sociale, il suo equilibrio psicologico.
Pur coscienti che la donna detiene il triste primato di vittima nell’ambito della violenza coniugale, non possiamo dimenticare gli uomini che subiscono forme di violenza diverse forse, ma altrettanto gravi. Ne sono dimostrazione i numeri allarmanti dei suicidi attuati in Italia da padri separati. Il numero si suicidi commesso da padri separati è aumentato negli ultimi anni, in particolare nel centro e nel nord d’Italia.
Secondo i dati della Federazione Nazionale Bigenitorialità, l’uomo commette più frequentemente suicidio a causa di un disagio generato dalle separazioni e dai figli contesi, più di quanto non accada alle donne; con 102 casi su un totale di 110 (93%).
Alla luce di questo, riteniamo utile una rivalutazione del concetto di soggetto debole, usualmente applicato al genere femminile, in un’ottica che valuti la persona e non il genere o lo status. A tal proposito ed alla luce dei dati emersi, l’uomo risulta essere il soggetto maggiormente sconfitto, nella coppia che si separa.
Il decremento di reddito, l’allontanamento dai figli, che spesso diventa affido esclusivo, arma di ricatto e soppressione della figura paterna, mina gravemente la persona spingendo a comportamenti autodistruttivi, dipendenze, atti disperati.
Per questo abbiamo scelto di parlare di violenza di genere, nella convinzione che sia necessario ridefinire o quantomeno rendere maggiormente flessibile il concetto di “ soggetto debole”. Perché se è vero che la donna è più frequentemente vittima tra le mura domestiche, in contesti di coppia normale in crisi e in fase di separazione, è l’uomo a detenere il primato di vittima. Uomo che raramente denuncia, per imbarazzo, per paura di venire privato dei figli, perché spesso gli viene negato lo status di vittima.
L’uomo che denuncia è considerato inetto, debole perché non si adegua allo stereotipo maschile di macho, che reagisce o si allontana. Ma anche perché esiste un pregiudizio, quello che Farrel chiama la “cortina di pizzo”cioè il pregiudizio della società, del governo e dei sistemi legislativi e sociali, a favore dei due sessi.
Gli stessi mass media contribuiscono ad alimentare questo gap; mentre sappiamo tutto del dramma interiore della donna, raramente leggiamo di quanto un uomo si rattristi per non essere arrivato a casa per tempo per giocare con propri figli, della sofferenza che prova per sentirsi emotivamente lontano dalla moglie oppure di quanto si senta frustrato se non riesce a guadagnare sufficientemente per garantire alla sua famiglia una vita agiata. Si parla delle conseguenze esteriori, dell’irritabilità, della distanza emotiva, mai di ciò che le scatena.
Lo stesso accade in considerazione dei diversi standard di valutazione della violenza; quando l’aggressore è uomo ci si preoccupa della vittima femminile, quando è la donna ad essere violenta se ne cercano le cause, o si attribuisce a patologia. Questo è un dato che osserviamo frequentemente, in qualità di centro che si occupa di consulenza psicologica e criminologica.
Questo secondo convegno nazionale sulla violenza di genere, segue il primo incontro di gennaio, in cui è stata trattata la violenza domestica verso la donna. “Ho scelto di organizzare un secondo convegno incentrato sull’uomo – dichiara Chiara Camerani, psicologa, criminologa, direttrice Cepic - Centro Europeo di psicologia investigazione e criminologia - perché ritengo che il concetto di violenza di genere sia spesso inteso come indissolubilmente legato alla figura femminile, ma non può e non deve essere così.
I cambiamenti sociali, i traguardi sul versante della parità hanno creato nuove categorie deboli e nuove forme di violenza. A fronte della violenza cieca, diretta dell’uomo, abbiamo una violenza subdola, vendicativa, tipica della donna, che spinge a distruggere non solo il coniuge, ma il suo ruolo genitoriale, la sua posizione sociale, il suo equilibrio psicologico.
Pur coscienti che la donna detiene il triste primato di vittima nell’ambito della violenza coniugale, non possiamo dimenticare gli uomini che subiscono forme di violenza diverse forse, ma altrettanto gravi. Ne sono dimostrazione i numeri allarmanti dei suicidi attuati in Italia da padri separati. Il numero si suicidi commesso da padri separati è aumentato negli ultimi anni, in particolare nel centro e nel nord d’Italia.
Secondo i dati della Federazione Nazionale Bigenitorialità, l’uomo commette più frequentemente suicidio a causa di un disagio generato dalle separazioni e dai figli contesi, più di quanto non accada alle donne; con 102 casi su un totale di 110 (93%).
Alla luce di questo, riteniamo utile una rivalutazione del concetto di soggetto debole, usualmente applicato al genere femminile, in un’ottica che valuti la persona e non il genere o lo status. A tal proposito ed alla luce dei dati emersi, l’uomo risulta essere il soggetto maggiormente sconfitto, nella coppia che si separa.
Il decremento di reddito, l’allontanamento dai figli, che spesso diventa affido esclusivo, arma di ricatto e soppressione della figura paterna, mina gravemente la persona spingendo a comportamenti autodistruttivi, dipendenze, atti disperati.
Per questo abbiamo scelto di parlare di violenza di genere, nella convinzione che sia necessario ridefinire o quantomeno rendere maggiormente flessibile il concetto di “ soggetto debole”. Perché se è vero che la donna è più frequentemente vittima tra le mura domestiche, in contesti di coppia normale in crisi e in fase di separazione, è l’uomo a detenere il primato di vittima. Uomo che raramente denuncia, per imbarazzo, per paura di venire privato dei figli, perché spesso gli viene negato lo status di vittima.
L’uomo che denuncia è considerato inetto, debole perché non si adegua allo stereotipo maschile di macho, che reagisce o si allontana. Ma anche perché esiste un pregiudizio, quello che Farrel chiama la “cortina di pizzo”cioè il pregiudizio della società, del governo e dei sistemi legislativi e sociali, a favore dei due sessi.
Gli stessi mass media contribuiscono ad alimentare questo gap; mentre sappiamo tutto del dramma interiore della donna, raramente leggiamo di quanto un uomo si rattristi per non essere arrivato a casa per tempo per giocare con propri figli, della sofferenza che prova per sentirsi emotivamente lontano dalla moglie oppure di quanto si senta frustrato se non riesce a guadagnare sufficientemente per garantire alla sua famiglia una vita agiata. Si parla delle conseguenze esteriori, dell’irritabilità, della distanza emotiva, mai di ciò che le scatena.
Lo stesso accade in considerazione dei diversi standard di valutazione della violenza; quando l’aggressore è uomo ci si preoccupa della vittima femminile, quando è la donna ad essere violenta se ne cercano le cause, o si attribuisce a patologia. Questo è un dato che osserviamo frequentemente, in qualità di centro che si occupa di consulenza psicologica e criminologica.
Secondo l’intervento della dottoressa Onofri, le conflittualità più ricorrenti nelle separazioni/divorzi implicano due aspetti:
· relativi all’aspetto economico, implicano problemi sulla corresponsione dell’assegno di mantenimento [art. 570 c.p. (mancata assistenza al minore) - art. 709-ter c.p.c (Tri Modena, ord 29.1.07].
· relativi all’aspetto relazionale invece riguardano conflitti sull’affidamento dei figli/potestà genitoriale (Legge 28 febbraio 2006, n. 54 comportamenti con implicazioni penali codice penale).
Secondo la consulente Cepic, le conflittualità relative all’aspetto relazionale sono sofferte dal genitore che non vive con i figli, generalmente il padre, e possono realizzarsi a causa di comportamenti “mobbizzanti” e ripetuti dell’altro genitore che tendono ad escluderne o ad emarginarne il ruolo nei confronti dei figli.
Ostacolo alla frequentazione, delegittimizzazione del ruolo paterno, alienazione dei figli verso il padre, false accuse….Ma raramente è possibile dimostrare che comportamenti di tal genere si siano realmente verificati.
Per questo durante il convegno sono stati illustrati i nuovi progetti di legge.
Per quanto sorprendente, esistono uomini maltrattati fisicamente dalle mogli, il numero oscuro a questo riguardo è molto alto, a causa del forte imbarazzo a denunciare. L’Irlanda è il paese che ha raccolto più dati e denunce a riguardo, ed è sorprendente osservare come la violenza domestica verso l’uomo, sia presente già prima della rivoluzione sessuale. Interessante anche notare che la violenza verso il partner avviene anche tra coppie lesbiche
Il pregiudizio sociale porta ad ignorare la figura maschile nel ruolo di vittima, porta ad identificare l’uomo con il cattivo, con l’aggressore. Dai casi ascoltati dal Centro Europeo di Psicologia Investigazione e Criminologia, risulta che la reazione sociale più frequente di fronte ad un uomo maltrattato quella di addossargli colpe. Riscontriamo spesso:
• incredulità: l’uomo abusato davanti al mondo deve dimostrare di essere una vittima;
• ironia;
• c’è una diversa valutazione sociale della violenza femminile : - la violenza femminile è giustificata con la patologia (depressione post partum, traumi, autodifesa, provocazione, menopausa…) - Una donna violenta nella relazione, non è considerata obbligatoriamente violenta con i figli, quando ciò accade all’uomo è automatico che non sia un buon genitore;
• gli uomini che restano in famiglia (per proteggere i figli) vengono considerati deboli e inetti.
Le conseguenze sull’uomo comportano depressione, abbuffate compulsive, dipendenze, uso di alcol, violenza, suicidio, suicidio allargato (omicidio/suicidio).
L’obiettivo della nostra iniziativa è stato di fornire, attraverso il contributo di stimati professionisti in ambito medico, criminologico e legale, un’analisi del fenomeno e delle sue ripercussioni, nonché porre in evidenza le potenzialità criminali e patologiche di alcune situazioni (false accuse di incesto, sindrome di Medea..), che vedono i figli vittime inconsapevoli del conflitto genitoriale.
Accanto al dramma della pedofilia sono tristemente noti casi in cui l’orco non è una persona, ma la rabbia, il risentimento del genitore affidatario verso l’altro, che - a volte in buonafede - spinge a muovere accuse gravissime verso l’ex coniuge. I casi di padri accusati ingiustamente di incesto sono un numero non trascurabile: è necessaria una formazione specifica per gli operatori del settore al fine di evitare abbagli e gravi errori di valutazione. A tal proposito i migliori esperti del settore (il prof Francesco Montecchi e il dottor Paolo Capri) hanno illustrato tecniche, casi, ed esperienze.
Si è anche discusso l’approccio interdisciplinare, che il Cepic propone ormai da anni in contesto di separazione, che vede lo psicologo affiancare l’avvocato del difficile percorso di allontanamento dei coniugi, coscienti del fatto che molte coppie seppure separate, rimangono legate tra loro con gravi ripercussioni emotive e relazionali.
La consulenza psicologica ha lo scopo di portare le persone verso un divorzio affettivo, oltre che legale, facilitando il passaggio dallo status di sposati a quello di single ed interrompendo sul nascere quelle dinamiche distruttive che portano gravi ripercussioni sulla vita della coppia e dei minori.
Nell’amore dipendente e ossessivo, il mantenimento del rapporto, qualsiasi esso sia, appare essenziale. Ciò perché il legame affettivo con l’ex trova un senso nella narrazione personale, nel ventaglio delle emozioni ormai note e conosciute. Il vero trauma è superato quando la comprensione intellettuale trova completa rispondenza in quella emozionale.
A concludere la giornata, il Dr. De Luca - massimo esperto italiano in tema di omicidio seriale - ha illustrato i casi estremi di violenza femminile, descrivendo il profilo della donna serial killer, con particolare attenzione alla tipologia della “vedova nera” cioè “la Donna che uccide sistematicamente mariti e amanti, comunque soggetti di sesso maschile con i quali intrattiene una relazione di natura amorosa e/o sessuale precedente all’omicidio e di durata variabile”.
In conclusione la giornata è stata un’utile occasione per fare il punto sulla attuale situazione italiana, sui possibili interventi di tutela e prevenzione e su di una migliore conoscenza del fenomeno. Lo scopo di sensibilizzare verso tematiche spesso ignorate ma altrettanto rilevanti e spostare l’attenzione verso la violenza in ogni sua forma, piuttosto che verso il genere, nella speranza di stimolare una riflessione costruttiva e propositiva.
Nel ripensare l’ottica preventiva è importante soffermarsi sul concetto di persona maltrattata, e non di uomo/donna; frequentemente l’abuso verso il marito viene interpretato semplicisticamente come l’altra faccia della medaglia della violenza maschile. In realtà l’attuazione della violenza, dell’abuso sono aspetti dello stesso problema, e in quanto tali andrebbero affrontati secondo il paradigma di una persona che abusa di un’altra persona, affrontando il problema non in termini di sesso ma di umanità.
· relativi all’aspetto economico, implicano problemi sulla corresponsione dell’assegno di mantenimento [art. 570 c.p. (mancata assistenza al minore) - art. 709-ter c.p.c (Tri Modena, ord 29.1.07].
· relativi all’aspetto relazionale invece riguardano conflitti sull’affidamento dei figli/potestà genitoriale (Legge 28 febbraio 2006, n. 54 comportamenti con implicazioni penali codice penale).
Secondo la consulente Cepic, le conflittualità relative all’aspetto relazionale sono sofferte dal genitore che non vive con i figli, generalmente il padre, e possono realizzarsi a causa di comportamenti “mobbizzanti” e ripetuti dell’altro genitore che tendono ad escluderne o ad emarginarne il ruolo nei confronti dei figli.
Ostacolo alla frequentazione, delegittimizzazione del ruolo paterno, alienazione dei figli verso il padre, false accuse….Ma raramente è possibile dimostrare che comportamenti di tal genere si siano realmente verificati.
Per questo durante il convegno sono stati illustrati i nuovi progetti di legge.
Per quanto sorprendente, esistono uomini maltrattati fisicamente dalle mogli, il numero oscuro a questo riguardo è molto alto, a causa del forte imbarazzo a denunciare. L’Irlanda è il paese che ha raccolto più dati e denunce a riguardo, ed è sorprendente osservare come la violenza domestica verso l’uomo, sia presente già prima della rivoluzione sessuale. Interessante anche notare che la violenza verso il partner avviene anche tra coppie lesbiche
Il pregiudizio sociale porta ad ignorare la figura maschile nel ruolo di vittima, porta ad identificare l’uomo con il cattivo, con l’aggressore. Dai casi ascoltati dal Centro Europeo di Psicologia Investigazione e Criminologia, risulta che la reazione sociale più frequente di fronte ad un uomo maltrattato quella di addossargli colpe. Riscontriamo spesso:
• incredulità: l’uomo abusato davanti al mondo deve dimostrare di essere una vittima;
• ironia;
• c’è una diversa valutazione sociale della violenza femminile : - la violenza femminile è giustificata con la patologia (depressione post partum, traumi, autodifesa, provocazione, menopausa…) - Una donna violenta nella relazione, non è considerata obbligatoriamente violenta con i figli, quando ciò accade all’uomo è automatico che non sia un buon genitore;
• gli uomini che restano in famiglia (per proteggere i figli) vengono considerati deboli e inetti.
Le conseguenze sull’uomo comportano depressione, abbuffate compulsive, dipendenze, uso di alcol, violenza, suicidio, suicidio allargato (omicidio/suicidio).
L’obiettivo della nostra iniziativa è stato di fornire, attraverso il contributo di stimati professionisti in ambito medico, criminologico e legale, un’analisi del fenomeno e delle sue ripercussioni, nonché porre in evidenza le potenzialità criminali e patologiche di alcune situazioni (false accuse di incesto, sindrome di Medea..), che vedono i figli vittime inconsapevoli del conflitto genitoriale.
Accanto al dramma della pedofilia sono tristemente noti casi in cui l’orco non è una persona, ma la rabbia, il risentimento del genitore affidatario verso l’altro, che - a volte in buonafede - spinge a muovere accuse gravissime verso l’ex coniuge. I casi di padri accusati ingiustamente di incesto sono un numero non trascurabile: è necessaria una formazione specifica per gli operatori del settore al fine di evitare abbagli e gravi errori di valutazione. A tal proposito i migliori esperti del settore (il prof Francesco Montecchi e il dottor Paolo Capri) hanno illustrato tecniche, casi, ed esperienze.
Si è anche discusso l’approccio interdisciplinare, che il Cepic propone ormai da anni in contesto di separazione, che vede lo psicologo affiancare l’avvocato del difficile percorso di allontanamento dei coniugi, coscienti del fatto che molte coppie seppure separate, rimangono legate tra loro con gravi ripercussioni emotive e relazionali.
La consulenza psicologica ha lo scopo di portare le persone verso un divorzio affettivo, oltre che legale, facilitando il passaggio dallo status di sposati a quello di single ed interrompendo sul nascere quelle dinamiche distruttive che portano gravi ripercussioni sulla vita della coppia e dei minori.
Nell’amore dipendente e ossessivo, il mantenimento del rapporto, qualsiasi esso sia, appare essenziale. Ciò perché il legame affettivo con l’ex trova un senso nella narrazione personale, nel ventaglio delle emozioni ormai note e conosciute. Il vero trauma è superato quando la comprensione intellettuale trova completa rispondenza in quella emozionale.
A concludere la giornata, il Dr. De Luca - massimo esperto italiano in tema di omicidio seriale - ha illustrato i casi estremi di violenza femminile, descrivendo il profilo della donna serial killer, con particolare attenzione alla tipologia della “vedova nera” cioè “la Donna che uccide sistematicamente mariti e amanti, comunque soggetti di sesso maschile con i quali intrattiene una relazione di natura amorosa e/o sessuale precedente all’omicidio e di durata variabile”.
In conclusione la giornata è stata un’utile occasione per fare il punto sulla attuale situazione italiana, sui possibili interventi di tutela e prevenzione e su di una migliore conoscenza del fenomeno. Lo scopo di sensibilizzare verso tematiche spesso ignorate ma altrettanto rilevanti e spostare l’attenzione verso la violenza in ogni sua forma, piuttosto che verso il genere, nella speranza di stimolare una riflessione costruttiva e propositiva.
Nel ripensare l’ottica preventiva è importante soffermarsi sul concetto di persona maltrattata, e non di uomo/donna; frequentemente l’abuso verso il marito viene interpretato semplicisticamente come l’altra faccia della medaglia della violenza maschile. In realtà l’attuazione della violenza, dell’abuso sono aspetti dello stesso problema, e in quanto tali andrebbero affrontati secondo il paradigma di una persona che abusa di un’altra persona, affrontando il problema non in termini di sesso ma di umanità.
(Delt@ Anno V°, N. 104 del 7 Maggio 2007)
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