3 gennaio 2009

Particolarmente illuminata ci sembra la visione sulla violenza femminile della femminista francese Elisabeth Badinter nel suo libro La strada degli errori. Il pensiero femminista al bivio - Feltrinelli, libro nel quale l'autrice contesta al movimento femminista di essersi asseragliato nel separatismo e nella lotta contro il sesso maschile, abbandonando l'universalismo e la rivendicazione dei pari diritti, per la ricerca dello scontro frontale tout court.
Pubblichiamo qualche passaggio del libro che riguarda appunto la violenza femminile.

I dati giudiziari evidenziano che le percentuali delle violenze maschili e femminili sono piuttosto stabili. L'86 percento dei condannati per omicidio volontario e per violenze e percosse è composto da uomini (Nota bene: dei condannati. Ndr).
L'asimmetria tra uomini e donne è tale che, a parte gli psicologi e gli psicoanalisti, è raro che qualcuno si occupi della violenza femminile. Presso le femministe l'argomento è tabù. Rimane impensabile e impensato tutto ciò che diminuisce la portata del concetto di dominio maschile e dell'immagine delle donne come vittime. Quando se ne parla, gli argomenti sono sempre gli stessi: primo, la violenza femminile è insignificante; secondo, è sempre una risposta alla violenza maschile; terzo, si tratta di una violenza legittima.[...]
In effetti, la violenza femminile è difficile da pensare, non solo per ragioni di militanza - forse la violenza non ha sesso - ma perché mette in pericolo l'immagine che le donne hanno di se stesse.
[...] In nome dell'asimmetria statistica, la questione della violenza e dell'abuso di potere femminili non dovrebbe essere posta. Proprio questo, invece, è il tema che dobbiamo ora affrontare.

LA VIOLENZA DELLE DONNE

Nella storia come nel quotidiano la violenza femminile è difficile da individuare. Non che non esista: la stampa da regolarmente notizia di alti di violenza compiuti da donne. Solo che per molto tempo la si è ignorata, oppure le si è dato poco peso.

[...]

La violenza nel quotidiano
Anche in periodi di non eccezionale violenza, alcune donne sono capaci di uccidere, umiliare, torturare. Non sempre uccidono per una delusione d'amore, o per difendersi da un marito violento. Uccidono anche per interesse, o per sadismo. Nell'insieme sono considerate eccezioni patologiche alla regola. Sembra, tuttavia, che da circa dieci anni si stia sviluppando un fenomeno più preoccupante, che suscita l'incredulità generale: l'aumento della violenza tra le adolescenti.
L'anno appena trascorso è stato ricco di fatti di cronaca che hanno visto protagoniste ragazze molto giovani. [...]
Tuttavia, osserva Sophie Coignard, "la violenza urbana in versione femminile è ancora un non tema anche se tutti gli operatori sul campo concordano nell'indicarla come un fenomeno emergente.

Uno studio dei Renseignements généraux pubblicato nel luglio 1997 constata un aumento degli atti di litigiosità compiuti dalle ragazze, che vengono alle mani per motivi molti simili a quelli dei loro coetanei maschi: debiti d'onore, furto di vestiti, rivalità amorose, meccanismi di esclusione. [...] Il direttore dell'Istituto di studi superiori per la sicurezza interna, Philippe Melchior, fa notare che "allo stesso reato si conferisce meno spesso un carattere penale se a commetterlo è stata una donna; e osserva che l'alto grado di violenza delle giovani lascia "increduli e sgomenti" gli esperti. E questo a causa dei nostri centenari pregiudizi, ci spiega Sophie Body-Gendrot, docente ed esperta di politica urbana alla Sorbona; allo stesso modo, "c'è voluto del tempo prima che ci accorgessimo che i bambini potevano essere terribilmente violenti, perché l'immagine dell'infanzia è quella dell'innocenza".
Una conferma ci giunge dal Canada, dove nel 2000 le statistiche degli ultimi dieci anni segnalano un'impennata della violenza delle giovani. Anche se i maschi adolescenti sono sempre responsabili della grande maggioranza delle infrazioni violente compiute da giovani (le adolescenti sono colpevoli solo di un terzo), il numero delle femmine adolescenti accusate di reati di violenza è aumentato del 127 percento, mentre quello dei maschi nello stesso periodo è aumentato del 65 percento. Lo stesso si constata negli Stati Uniti e in Inghilterra. Secondo i canadesi, benché le forme di violenza possano essere diverse, tra i maschi e le femmine i fattori di rischio sono simili: precedenti di violenza domestica e dì aggressione, difficoltà di apprendimento, problemi di equilibrio mentale e scarsa fiducia in sé. D'altra parte, sottolinea il rapporto, "niente induce a pensare che siano motivi diversi a spingere i maschi o le femmine ad adottare comportamenti aggressivi e violenti. Non necessariamente i ragazzi hanno maggiore tendenza all'aggressività e alla violenza. I migliori indicatori della delinquenza giovanile sembrerebbero la cultura e l'ambiente, più che il sesso".

La violenza coniugale
Abbiamo visto che si parla solo di quella al maschile. È quindi una sorpresa scoprire, nel rapporto del Consiglio d'Europa prima citato, che anche gli uomini possono diventare vittime di violenze domestiche. Secondo le statistiche ufficiali tedesche, dal 5 al 10 percento delle violenze domestiche sono rappresentate dalle mogli che picchiano i mariti. Al punto che Berlino deve aprire il primo rifugio tedesco per uomini.

Mentre all'estero si può reperire ogni tanto qualche informazione su questo tema, in Francia si fa come se non esistesse. Nessuna domanda, nessuna risposta, e il silenzio totale che circonda il fenomeno rende ancora più difficile la denuncia degli "uomini picchiati". Tanto che l'espressione stessa suscita nel migliore dei casi la sorpresa, più spesso l'incredulità, oppure una franca presa in giro. Dopo una lunga lotta per far riconoscere la propria condizione di maltrattate, le donne hanno oggi l'ascolto di apposite associazioni e maggiori riguardi da parte delle forze di polizia. Per gli uomini il discorso è tutt'altro.
L'espressione "uomo picchiato" sembra rispecchiare un paradosso. Nell'inconscio collettivo, e non solo femminista, gli uomini abusano della propria forza e aggrediscono i più deboli, oppure li proteggono. Non li si immagina mai dalla parte delle vittime, né le donne dalla parte dei carnefici e dei persecutori.
[...] Statisticamente gli uomini sono più forti delle donne, e si immagina, a ragione o a torto, che possano sempre mettere un freno alla violenza della propria compagna. Se non lo fanno, vuol dire che la pigrizia o il masochismo hanno avuto la meglio. Il che non merita affatto la commiserazione del pubblico.

Tuttavia, le motivazioni e delle une e degli altri sono più complesse di quanto inizialmente si creda. Un'intervista a tre uomini picchiati fornisce la chiave di ciò che li accomuna a moltissime donne che vivono la stessa situazione. Essere picchiati è un'umiliazione che disintegra un essere umano, a qualunque sesso appartenga. Vergogna ad ammetterlo, vergogna a confidarsi con qualcuno, e quindi propensione a dissimulare tutto e a lasciar correre.
[...] il concetto di violenza comprende tanto l'aggressione fisica quanto la pressione psicologica, che costituiscono la parte preponderante delle violenze coniugali. A detta degli esperti, le violenze psicologiche e verbali reiterate sarebbero altrettanto distruttive dell'aggressione fisica. [...]

Inoltre, vi è un altro abuso di potere su cui la discrezione è di rigore. Da trent'anni le donne detengono il potere assoluto sulla riproduzione. Se ci sembra del tutto legittimo che, in ultima istanza, a decidere di una gravidanza sia la donna, d'altra parte è un abuso di potere usare lo sperma di un uomo che non vuole avere bambini. Che un uomo non possa più procreare senza il pieno consenso o contro la volontà di una donna è senz'altro un notevole progresso, ma imporre una paternità a chi l'abbia esplicitamente rifiutata rappresenta un danno morale. Questo abuso di potere non può essere oggetto di indagini o statistiche. Tutto avviene nel segreto delle coscienze, nell'accettare o rifiutare di porsi l'uno di fronte all'altra. D'altra parte, nel momento in cui ci si sforza di rendere i padri più responsabili, appare quantomeno contraddittorio prevaricare la volontà dell'altro e usarlo per scopi che egli rifiuta.
Riconoscere l'esistenza di una violenza femminile non significa in alcun caso minimizzare l'importanza della violenza maschile e l'urgenza di contenerla andando nel contempo in aiuto alle vittime. Ma per lottare più efficacemente contro le nostre debolezze, sia del carattere sia dell'educazione, dobbiamo rinunciare a una visione angelica delle donne, che fa il paio con la demonizzazione degli uomini.
Ignorando sistematicamente la violenza e il potere delle donne, proclamandole continuamente come oppresse, e di conseguenza innocenti, si disegna in negativo il profilo di un'umanità tagliata in due, poco corrispondente alla realtà. Da un lato le vittime dell'oppressione maschile, dall'altro i carnefici onnipotenti. Per combattere questa situazione, sempre più voci femministe si accaniscono contro la sessualità maschile, indicata come la radice del male. Così facendo, esse tracciano i contorni di una sessualità femminile in contrasto con l'evoluzione dei costumi e rilanciano un concetto di "natura femminile" che ormai si credeva dimenticato.


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