7 febbraio 2008

LA TRAGEDIA

Prato, 5 luglio 2006 - Cosa ha armato la mano di una giovane mamma, bella e carina, una donna assolutamente per bene e rispettabile? La rabbia? I consueti dissapori che accompagnano la fine di un amore? La sensazione di tradimento covata da quando era andato all’aria il progetto di vita costruito con e su Andrea? Nessuno avrebbe mai detto che sarebbe finita così la splendida coppia — lei così bruna a fianco di lui biondo — genitori di due bambini deliziosi. Che sarebbe finita, cioè, con Andrea Marini ucciso a 38 anni a colpi di pistola, uno in fronte e due al torace, vicino al cuore, dalla moglie Laura Goti, dalla quale si era separato circa un anno fa. Ma il fatto che i protagonisti della tragedia siano proprio due giovani, belli e a posto, figli di famiglie in vista e agiate, la rende solo inevitabilmente più sconvolgente.

Via Ariosto, ore 13: nell’aria echeggiano prima i toni di voce surriscaldati che vengono dal piano terra della palazzina al numero 17. Poco dopo, gli spari. I due addetti all’asfaltatura della strada, si guardano in volto increduli. Poi chiamano il 118. La prima volta parlano genericamente di esplosioni. La seconda, dopo che è accorso il padre di Laura Goti, che vive due portoni più in là, precisando che c’è un ferito grave. Dietro la porta a vetri di quello che probabilmente in origine era un fondo commerciale, è stato ricavato l’ingresso di un appartamento: Laura apre al padre. "Aiutami, è di là...", dice sconvolta. Il resto della sua prima reazione è solo un susseguirsi di mancamenti.

L’incontro. Laura Goti e Andrea Marini dovevano incontrarsi per la consegna dell’assegno di mantenimento, che sarebbe poi stato trovato dai carabinieri. La circostanza lascerebbe pensare che non è stato per i soldi che i due hanno litigato. Allora perché? L’unica che può saperlo è la donna, che ieri sera intorno alle 20 ha iniziato l’interrogatorio davanti ai magistrati. Assistita dall’avvocato Manuele Ciappi, ha però accettato di sottoporsi alle domande, pur essendo consapevole di non essere lucida. D’altra parte, lo stato di choc, conseguente all’omicidio, aveva costretto il personale del 118 a inviare in via Ariosto un'ambulanza della Croce d’oro per lei, per sottoporla a una visita in psichiatria. Gli investigatori della compagnia dei carabinieri, coordinati dal maggiore Francesco Pantano, non escludono però ulteriori accertamenti per verificare che la donna possa aver subito un’aggressione, verbale o fisica, che la possa aver fatta sentire alle corde, senza altra via di uscita che la sua pistola.

La pistola. Già, la pistola. I carabinieri hanno accertato che la Walter calibro 6,35 era di Laura Goti e che era regolamente detenuta per uso sportivo. Si tratta di stabilire da quando l’aveva. Sul punto gli investigatori mantengono un comprensibile riserbo. E’ ovvia infatti l’importanza dell’argomento. Qualcuno dice di aver visto Laura Goti al poligono appena venti giorni fa e che avesse rinnovato il 'patentino' da poco. Particolari questi che, da soli, vogliono dire poco: testimonierebbero soltanto che la donna voleva allenarsi al tiro. I carabinieri cercheranno di capire invece se la passione per le armi fosse nata nella casalinga trentasettenne da poco e se fosse stata scatenata da un suo sentirsi minacciata.

I bambini. L’incontro fra i due ex era stato concordato mentre i figli — il maschietto di quattro anni e la piccolina di tredici mesi — erano in vacanza al mare. Una coincidenza? Un opportunità colta al volo dai due genitori alle prese con rapporti talvolta tesi? Gli interrogativi ancora aperti sono tanti. E non di poco conto: da alcune di queste risposte, dipendono le accuse che verranno formalizzate alla giovane mamma. Nella serata di ieri Laura Goti è stata arrestata per omicidio volontario. Ora si tratta di capire se premeditato o frutto di una reazione inconsulta alle troppe difficoltà, ai dolori non assorbiti.

fonte:

Omicidio di via Ariosto
Moglie davanti al giudice

La donna è accusata di aver ucciso il marito, dopo una separazione che non voleva accettare. Lei stessa ha confessato di aver sparato all'uomo, ma restano ancora alcuni nodi da sciogliere

Prato, 29 giugno 2007 - Ha ucciso il marito e oggi si presenterà davanti al giudice. Un anno fa — era il 4 luglio — Laura Goti ha sparato al suo amore di sempre, al marito Andrea Marini che era anche il padre dei suoi due figli.

La donna, tuttora agli arresti domiciliari, comparirà davanti al giudice per le udienze preliminari: la procura ha chiesto il rinvio a giudizio per omicidio volontario. Quel gesto, mai negato e anzi confessato al magistrato inquirente Eligio Paolini, tuttavia deve ancora essere svelato nella sua completa verità giudiziaria: se l’assassinio è acclarato, resta da stabilire come sia maturata la decisione nella mente di una giovane madre, persona mite a parere di molti, con una vita normale e per bene alle spalle, sia pure squassata negli ultimi mesi da una separazione che non voleva accettare.

Ecco, sarà probabilmente fondamentale per la verità processuale capire lo stato psicologico in cui si trovava Laura Goti la mattina del luglio 2006. La donna era partita per qualche giorno di villeggiatura con i suoi genitori e i due bambini nella casa che i Goti possiedono a Cinquale. Ma quel giorno doveva rientrare a Prato per sbrigare alcuni affari e proprio quel giorno Andrea Marini la chiamò, almeno tre volte, per fissare un incontro. Che fosse stato lui a chiedere il colloquio, lo ha raccontato la donna subito dopo l’omicidio agli inquirenti: lei, disse, non avrebbe voluto vederlo, ma alla fine dovette cedere alle insistenze dell’uomo che aveva tanto amato e che nonostante avesse una nuova vita con una ragazza dell’Esta europeo non ne voleva sapere di uscire dalla famiglia per sempre.

E proprio in quelle ore, arrivata a Prato, Laura Goti acquistò la pistola 6.35, per cui da alcune settimane deteneva un regolare porto d’armi sportivo. "Per paura", spiegò la donna al magistrato parlando anche di percosse subite dall’ex. L’acquisto dell’arma a poche ore di distanza dal fatidico appuntamento con la vittima nell’appartamento di via Ariosto e le trafile per procurarsi un porto d’armi potrebbe avere però una valenza accusatoria grave — l’ipotesi di pre meditazione — che non trova d’accordo l’avvocato difensore dell’imputata, Manuele Ciappi che viceversa ha sempre sostenuto la tesi del delitto d’impeto per l’esasperazione di un legame ormai tramontato. Di fronte a un omicidio confessato, appare probabile una richiesta di rito abbreviato, che consente lo sconto di un terzo della pena: una strategia difensiva quasi scontata in questi casi.


link alla notizia

http://lanazione.ilsole24ore.com/prato/2007/06/29/21212-omicidio_ariosto.shtml

Uccise il marito senza premeditazione
Il giudice l'ha condannata a 14 anni

Fu un luglio 2006 tragico: Laura Goti uccise il marito a colpi di pistola. Per la prima sentenza la donna dovrà scontare quattordici anni di carcere, è stata esclusa la premeditazione. A rischio la tutela dei figli

Prato, 7 febbraio 2008 - Maglione nero, coda di cavallo, Laura Goti si è seduta immobile di fronte al giudice Alessandro Moneti dal quale dipendeva il suo futuro e quello dei suoi figli. Quello del suo ex marito, Andrea Marini, lo ha deciso lei, il 4 luglio 2006, con tre colpi di pistola. Nel suo il giudice ha messo 14 anni di reclusione, in rito abbreviato, per omicidio volontario non premeditato ma aggravato dal rapporto coniugale che legava l’omicida alla sua vittima: roba da 24 a 30 anni, sconti per il rito esclusi. Peggio per l’imputata ha suonato la pena accessoria stabilita dal gup dopo ore di camera di consiglio: riguarda la tutela dei figli che ora torna in discussione. Di aver ucciso Andrea, lo ha confessato e del resto si era fatta trovare dai carabinieri nella casa di via Ariosto dove era appena avvenuta la tragedia. Ieri, dopo perizie e controperizie psichiatriche, il momento della sentenza. L’udienza era a porte chiuse: avrebbe ascoltato come una statua di sale accanto al suo avvocato Manuele Ciappi, quasi raggelata - senza lacrime e isterismi, ma anche senza commozione - gli uomini di legge che parlavano di lei e analizzavano quello che ha fatto. Quello che prova, il rimorso o il rimpianto, è un fatto privato.

Quindici anni, la pena chiesta dal pm Eligio Paolini: omicidio volontario ma senza premeditazione, esclusa dal consulente tecnico d’ufficio Renato Ariatti. Prima di cancellarla però, a parere del pm, il gup doveva risolvere due dubbi: perché l’imputata avendo paura di Andrea non chiese aiuto a suo padre che abitava proprio lì accanto? E perché, nonostante questa paura, si chiuse in casa con l’ex marito? Interrogativi solidi, condivisi e rilanciati dall’avvocato Giuseppe Perrone che ha assistito i genitori di Andrea Marini. Il legale di parte civile ha chiesto esplicitamente che l’affermazione della premeditazione venisse riconosciuta dal giudice, perché il punto era indubbiamente fondamentale. Pacate, senza animosità, le conclusioni del legale, improntate non a spirito di vendetta ma di giustizia: la stessa richiesta di risarcimento danni - 300mila euro, cifra praticamente simbolica a fronte di una vita interrotta a soli 38 anni - ne è dimostrazione. Non erano nemmeno presenti in aula, i Marini: il dolore di rivivere certi momenti sarebbe stato forse troppo forte. Il giudice ha riconosciuto loro 100 mila euro a testa di provvisionale.

E la difesa? Si è battuta per ore. L’avvocato Ciappi ha puntato sulla mancata premeditazione e sul vizio di mente momentaneo. Laura Goti era capace di intendere e volere, quando premette il grilletto contro il marito, dicevano il consulente del pm Andrea Tanini e poi il professor Ariatti e il criminologo Francesco Bruno, consulente della parte civile. Ma Ciappi ha fatto leva sui rilievi fatti dallo psichiatra Giovanni Fazzi: per il consulente della difesa, la fragilità della donna, aggravata dallo stato di depressione dovuto a un concorso di cause (la crisi del rapporto matrimoniale, il secondo parto con complicazioni, le vessazioni che diceva di aver subito anche dopo la separazione), sarebbe sfociato in uno stato patologico paranoide che l’avrebbe portata ad uno stato di seminfermità momentanea. E per questo, secondo il legale, andava assolta.

Il nodo fondamentale era e restava però la premeditazione. In quest’ottica il difensore ha a lungo argomentato per provare che, contrariamente a quanto ipotizzato dalle controparti, l’imputata non aveva architettato di uccidere l’ex. Che, anzi, alcune date proverebbero che all’acquisto stesso dell’arma la donna arrivò con molti dubbi e ripensamenti, "sempre motivati dai comportamenti di Andrea Marini". Queste le tappe, secondo la difesa: il 10 maggio c’è una lite testimoniata dall’avvocato che seguiva la pratica di divorzio e il 12 Laura Goti si fa fare il certificato per il porto d’armi; il 17 però disdice la visita dall’oculista perché le acque si sono calmate; ci va invece il 31 maggio dopo che il 28 c’è stato un nuovo brutto scontro; torna la calma fino al 15 giugno quando la vittima minaccia la moglie davanti al figlio nel corso di una lite e il 19 l’imputata va a ritirare in questura il porto d’armi. Infine la concatenazione più tragica: il 4 luglio Andrea Marini annuncia di arrivare in via Ariosto per consegnarle l’assegno degli alimenti, Laura Goti è proprio davanti all’armeria quando riceve la telefonata: riattacca, entra ed acquista l’arma.


link alla notizia

http://lanazione.ilsole24ore.com/prato/2008/02/07/63474-uccise_marito_senza_premeditazione.shtml


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