In manette un anestesista che, tra il 2012 e il 2013, avrebbe ucciso almeno quattro anziani pazienti con dosi letali di farmaci. Inoltre avrebbe aiutato la sua amante infermiera a uccidere il coniuge 45enne. Quattordici indagati per «omissioni gravi»
Da medico anestesista, si era arrogato il potere di disporre della vita e della morte delle persone. E come arma usava i farmaci, gli stessi che somministrava ogni giorno: dosi letali di potenti sedativi via endovenosa ai pazienti, in sovradosaggio rispetto al necessario, causandone la morte (qualcuno mormorava dell’esistenza di un nomignolo per la modalità di intervento del medico tra i colleghi: il «protocollo Cazzaniga»). Le sue prime vittime sono stati alcuni anziani pazienti, almeno quattro i casi accertati, ai quali evidentemente pensava di accorciare le sofferenze. Poi insieme con la sua amante, infermiera nello stesso Pronto Soccorso dell’ospedale di Saronno (nel frattempo entrambi sono stati trasferiti), ha maturato il progetto di uccidere il marito di lei. Gli hanno fatto credere di avere il diabete, e gli hanno somministrato per un lungo periodo una serie di farmaci che lo hanno debilitato fino alla morte. Ora il «dottor morte», L. C., 60 anni, separato, residente a Rovellasca (Como), e la sua amante L. T., 40 anni, madre di due bambini, sono stati arrestati dai carabinieri del Reparto Operativo della Compagnia dei Carabinieri di Saronno, in esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip di Busto Arsizio Luca Labianca martedì mattina. Il reato principale contestato a entrambi è l’omicidio volontario. Martedì mattina, quando i carabinieri sono andati ad arrestarlo all’ospedale di Angera dove era stato trasferito (ma senza più avere contatto con i pazienti), il medico ha chiesto di essere accompagnato all’ospedale di Saronno per recuperare, da un armadietto, un volume di filosofia greca da rileggere in carcere. È stato accontentato.
Vi sono altre persone indagate perché, pur avendo ricevuto segnalazioni su episodi sospetti da altri sanitari della struttura, non si sarebbero attivati con la necessaria diligenza per accertare le responsabilità. Gli indagati complessivi nell’indagine condotta dal pm Cristina Ria sono 14, di cui 11 medici, tra i quali ci sono il primario del pronto soccorso di Saronno e due direttori sanitari, l’attuale e il suo predecessore. Secondo le indagini coordinate dalla Procura di Busto Arsizio, gli indagati sono accusati a vario titolo di omessa denuncia e favoreggiamento personale, falso ideologico per aver certificato false patologie per convincere una delle vittime di una malattia inesistente. I carabinieri hanno effettuato una serie di perquisizioni negli ospedali di Busto Arsizio, dove ha sede la direzione dell’azienda ospedaliera di Saronno, dove secondo le accuse sono avvenuti i fatti, e Angera, ospedale nel quale sarebbe stato trasferito L. C., nell’ambito dell’indagine che è in corso da oltre due anni, con l’ascolto di 150 testimoni.
I primi quattro omicidi sono avvenuti tra il 18 febbraio 2012 e il 9 aprile 2013.
Le vittime erano persone anziane e malate, alle quali il dottor
Cazzaniga aveva, secondo l’accusa, somministrato dosi letali di farmaci
per via endovenosa, in sovradosaggio e in rapida successione:
clorpromazina, midazolam, morfina, propofol e promazina. Escluso il
movente economico: il medico non agiva per un tornaconto personale, ma
evidentemente pensava di praticare una sorta di «eutanasia». Cazzaniga
usava fare riferimento a un suo personale «protocollo» per il
trattamento dei malati terminali.
Diverso il caso del marito dell’infermiera L. T., che aveva solo 45 anni e gestiva un’azienda agricola a Lomazzo (Como).
La moglie e l’amante gli fecero credere di avere il diabete e gli
somministrarono per un lungo periodo farmaci «assolutamente incongrui»
rispetto alle sue reali condizioni di salute, debilitandolo fino alla
morte, avvenuta il 30 giugno 2013. La donna, anche lei trasferita dal
Pronto soccorso di Saronno a un altro reparto, era da qualche giorno in
malattia: è stata arrestata a casa sua. I suoi due figli, che
frequentano le elementari, sono stati affidati a una struttura protetta
con un’ordinanza del Tribunale per i minori. A far scattare le indagini
del Nucleo Operativo dei Carabinieri di Saronno coordinato dal capitano
Giuseppe Regina - recentemente trasferito a Bergamo, ma distaccato per
questo servizio - la denuncia di un’infermiera nel giugno del 2014. Sono
quindi scattate le intercettazioni, fatte indagini patrimoniali,
acquisiti documenti e disposte consulenze medico-legali.
I consulenti hanno individuato i quattro casi
in cui la somministrazioni esagerata dei farmaci era stata riscontrata
dal diario clinico del Pronto Soccorso e il nesso di causalità tra i
farmaci e il decesso. Altri casi hanno evidenziato una somministrazione
anomala delle medicine ma non è stato possibile escludere che il
paziente, vista la gravità delle condizioni, non sarebbe morto
ugualmente. Martedì mattina i carabinieri di Saronno hanno convocato in
caserma i parenti delle vittime per informarli di persona degli sviluppi
e dir loro che sarà fatta giustizia sulla morte dei loro cari.
«Se vuoi uccido anche i bambini». «No, i bambini no».
È soltanto una delle intercettazioni più inquietanti intercettate dai
carabinieri. Il «dottor morte» e l’«infermiera killer» parlano al
telefono. L. T. insiste: «Se vuoi, li uccido anche loro...». Loro
sono i due figli di lei, l’«Angelo blu» e l’ «Angelo rosso», così come
li chiamava l’infermiera. Quel «se vuoi... » è la volontà da parte
della donna di compiacere al «delirio di onnipotenza» dell’amante
medico. «Poi facciamo fuori anche la nonna». È con l’«angelo blu» che
un giorno parla in auto - intercettata dai carabinieri di Saronno -
L. T.. Madre e figlio parlano dei modi per uccidere una persona.
«Angeli» e «demoni» è anche il nome dell’indagine, ispirato forse al
libro di Dan Brown. «Ma poi la nonna Maria la facciamo fuori...». «Ma
non hai capito». «La Nene la possiamo far fuori quando vogliamo e anche
la zia Adriana».«Non sai quanto le nostre menti omicide messe insieme
siano così geniali» . È una delle frasi pronunciate dal figlio di L.
T.. «Tua nonna non è possibile» gli replicava nelle intercettazioni
dei carabinieri la madre. «A tua nonna e a tua zia non è semplice... A
meno che non gli fai tagliare i fili dei freni a tua zia... Gli tiri
l’olio dei freni». (...) «Poi c’è tua zia Gabriella... Non sei
abbastanza grande per poter... Non sei abbastanza grande!» incalzava la
donna al figlio appena undicenne. I due, nelle intercettazioni raccolte
nel corso delle indagini coordinate dalla procura di Busto Arsizio,
continuano a scambiarsi opinioni su progetti violenti fino a quando la
donna aggiunge ancora: «E poi cosa avresti fatto? - rivolgendosi sempre
al figlio - Le avresti fatte sparire così? Non è così semplice, sono
grosse! L’umido da noi passa solo una volta a settimana (...) non
abbiamo più neanche i maiali». La donna conduceva un’azienda agricola.
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