11 dicembre 2014

Processo alla suocera stalker: «Se non lasci mio figlio torni a casa in una bara»

Imperia - Succede spesso che suocera e nuora non vadano d'accordo. Quasi sempre per colpa della prima: non sono tante le mamme che accettano la donna scelta dal figlio, e qualche volta non si preoccupano nemmeno di nasconderlo.
Ma stavolta una 55enne di Taggia si è spinta troppo oltre. Diventando stalker. Non solo nei confronti della nuora, ma anche dello stesso figlio. Coinvolgendo nella sua battaglia perfino il marito. Fino a quando non sono stati entrambi denunciati ai carabinieri dalle loro vittime.
Ieri mattina, davanti al giudice per le udienze preliminari Massimiliano Botti, marito e moglie sono stati rinviati a giudizio. L’uomo per minacce e lesioni, la donna per stalking. Sono difesi dall’avvocato Bruno Di Giovanni. E al processo, che si aprirà il 10 aprile 2015 davanti al giudice monocratico Maria Grazia Leopardi, il figlio e la compagna si costituiranno parte civile, assistiti entrambi dall’avvocato Michela Musizzano.
L’indagine che ha portato alla richiesta di rinvio a giudizio nei confronti di marito e moglie, come detto, era scattata sulla scorta della denuncia del figlio, 34 anni, e della fidanzata, di 29 anni. All’inizio del 2013 i due giovani avevano deciso di andare a convivere, e si erano trasferiti al secondo piano della casa bifamiliare dove, al primo, vivevano appunto i genitori di lui. Ma quella che avrebbe dovuto essere la loro nuova vita, da “adulti”, si è trasformata in un vero incubo. Perché alla madre, quella ragazza che aveva osato “portarle via il figlio”, non piaceva proprio.
Quelle che il pm Paola Marrali, nella richiesta di rinvio a giudizio, ha definito vere e proprie persecuzioni e vessazioni, sono iniziate appena i due giovani sono andati a convivere. Un lungo elenco di azioni che hanno a poco a poco rovinato la vita dei due innamorati. Ma soprattutto della ragazza, il reale bersaglio della “suocera”. È lei che la cinquantacinquenne seguiva quando saliva in autobus per recarsi al lavoro o a fare la spesa. Per controllarla, magari sperando di coglierla con qualche amico e raccontare tutto al figlio, per convincerlo a lasciarla. Ed è di lei che la donna parlava male con tutti, perfino con i suoi datori di lavoro. Al punto che la giovane, commessa in un negozio, era stata licenziata. E ancora minacce telefoniche e ”punizioni” che avevano colpito di riflesso anche il figlio, come quella volta che, assieme al marito, avevano disdetto la fornitura di energia elettrica dell’appartamento occupato dai due ragazzi, lasciandoli senza corrente. Nulla, però sembrava scalfire la solidità della coppia. E allora la madre era passata alle maniere forti. Sempre aiutata dal marito. In uno dei frequentissimi scontri di famiglia, tra urla e lacrime, madre e padre non avevano esitato ad aggredire il ragazzo (di qui l’accusa di lesioni) e nuovamente minacciarlo.
Ma la più furiosa era sempre la cinquantacinquenne. «Se non lasci mio figlio, se non sparisci dalla nostra vita, ti rimando in Calabria dentro una bara», una delle frasi rivolte alla malcapitata. E giù insulti, botte, altre minacce. Alla fine, anche il ragazzo era stato costretto a lasciare il lavoro. Ma soprattutto i due giovani si erano dovuti rassegnare: non potevano più vivere nella stessa casa dove, al piano di sotto, c’erano i loro persecutori. E si erano trasferiti altrove. Trovando il coraggio, infine, di denunciare tutto ai carabinieri della stazione di Arma di Taggia. Figlio contro i genitori, nuora contro i suoceri. Come nelle peggiori famiglie.

link alla notizia:
http://www.ilsecoloxix.it/p/imperia/2014/12/11/AR2F1KqC-processo_stalker_suocera.shtml


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