12 aprile 2013

Rapina, violenza sessuale, minacce, lesioni e violazione di domicilio. Queste le accuse che gli aveva rovesciato addosso l’ex convivente e con cui Michael Adewale Facus, 34enne di origine nigeriana era stato rinviato a giudizio.
Accuse decisamente ridimensionate dalla sentenza, pronunciata ieri mattina in tribunale a Mantova, che lo ha condannato per violazione di domicilio, per violenza privata e per minaccia ma non per il tentativo di stupro e per l’utilizzo del coltello.
«Le accuse più gravi, quella relativa all’arma e alla tentata violenza, sono cadute - ha commentato con soddisfazione l’avvocato Alessandra Zorzella - ma ora gli atti sono stati rinviati al pubblico ministero: la testimone ha inventato tutto e dovrà rispondere di calunnia».
La sentenza: un anno, due mesi e quindici giorni di reclusione. Che il nigeriano non farà: trattandosi della prima condanna, la pena è stata sospesa.
L’episodio di cui è accusato Facus è accaduto in un'abitazione di via Kennedy, nel quartiere dei Cinque Continenti, a Castiglione delle Stiviere, nel luglio di quattro anni fa.
L’immigrato, al tempo clandestino, si era presentato dalla ex, una connazionale oggi 29enne, e aveva preteso di entrare in casa. La donna, aggredita e minacciata, aveva raccontato che lui voleva a tutti costi avere un un rapporto sessuale e che per questo l’aveva picchiata e minacciata di morte. La donna aveva anche raccontato che lui se n’era andato con 950 euro e un telefono cellulare. Poco dopo era tornato all’attacco ma stavolta la ex era a casa del vicino da cui aveva trovato rifugio. A quel punto la telefonata ai carabinieri che avevano arrestato Facus a casa di un amico, nella stessa via.


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