8 gennaio 2011

Le accuse sono precise: gestiva dieci ragazze, tutte cinesi come lei. Ma molto più giovani. Lei, Liu Chun Mei di anni ne ha 40. Le «sue» ragazze la metà. Tutte poco più che minorenni le garantivano un ottimo business, denaro fresco e esentasse pronto per essere investito in altre attività. Dall'illecito al lecito, la filiera corta di tante organizzazioni criminali cinesi che comprano esercizi commerciali e avviano attività riciclando in quel modo i capitali accumulati illegalmente.
Con la prostituzione, per esempio, come faceva Liu Chun Mei arrestata nei giorni scorsi al termine di una lunga indagine coordinata dal pm Pappalardo e avviata all'inizio dello scorso anno. Quale fosse la struttura dell'organizzazione, tra l'altro tutta al femminile, gli uomini della Squadra Mobile di Brescia l'avevano compreso da tempo. Disarticolandola in parte, col sequestro degli appartamenti dove le ragazze esercitavano. Ma mancava un tassello importante: la «capa», che era una specie di primula rossa.
Infatti come fanno spessissimo i cinesi («hanno un'elevatissima mobilità sul territorio - spiega il comandante della Mobile Riccardo Tumminia - e si spostano continuamente per non farsi beccare») anche Liu si era volatilizzata. Ma le è servito a evitare le manette solo per qualche mese, l'hanno comunque scovata a Novara assieme ad altre tre connazionali. Sfruttavano a Brescia ma anche a Novara e avevano interessi della stessa loscaggine a Milano.
Un'imprenditoria del crimine che fa prostituire le ragazze spesso senza avere bisogno di ricorrere alla violenza. Basta il debito del viaggio dallla Cina all'Italia, viaggio che non possono pagare se non appunto «vendendosi» per alcuni anni.
Ma il centro degli affari era Brescia. Gli appartamenti delle ragazze erano disseminati tra la città e la provincia. Cinque in tutto, dove «operava» una decina di loro. E Liu? Faceva la maitresse come si fa nel ventunesimo secolo, fungendo da call center. A suo nome erano intestate schede telefoniche alle quali facevano riferimento i clienti a quanto risulta quasi tutti italiani. I contatti avvenivano così, ma l'amo era gettato attraverso inserzioni sui giornali oppure su Internet. Ogni prestazione costava ai clienti ottanta euro, le ragazze lavoravano spesso e Liu guadagnava tanto.
La Polizia sta verificando se anche i proprietari degli alloggi ci guadagnassero qualcosa. Non direttamente dalla prostituzione, ma affittando a prezzi fuori mercato, che sono possibili quando è chiaro a tutte le parti cosa si fa in quegli appartamenti. Oppure a prescindere da guadagni indebiti, semplicemente se i proprietari sapessero o no. Aspetti questi che, dopo il sequestro, invece della restituzione potrebbero far scattare la confisca.
La custodia cautelare in carcere, firmata dal gip Maria Paola Borio, potrebbe non essere l'unica sanzione a carico di Liu Chun Mei. Alla Squadra Mobile bresciana tengono infatti a sottolineare che è importante colpire anche i patrimoni illeciti, non solo con il sequestro, ma anche facendo pagare le tasse su quei capitali, tasse che non sono state mai pagate.
«La legge lo prevede e vogliamo che la legge sia applicata fino in fondo - fa sapere a questo proposito Riccardo Tumminia - Per questo stiamo svolgendo approfonditi accertamenti anche di carattere patrimoniale. Così come stiamo verificando le posizioni dei proprietari di casa».


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