11 novembre 2010



17 giugno - I Carabinieri di Cagliari hanno arrestato Maria Loddo, 57 anni, per aver tentato di uccidere il marito Silvio Manca, 75 anni. All'uomo, ricoverato in un ospedale cittadino, venne iniettato mercurio dentro una flebo. A fine maggio un'infermiera aveva trovato su un comodino adiacente il letto di Manca, ricoverato per una grave affezione ai polmoni, una siringa contenente mercurio. Da qui l'inchiesta della Procura della Repubblica affidata ai Carabinieri.

12 gennaio 2010
http://unionesarda.ilsole24ore.com/Articoli/Articolo/163335

Quel mercurio poteva uccidere e Maria Loddo è sana di mente. I periti hanno depositato le perizie attorno alle quali si giocheranno le sorti processuali della donna cagliaritana accusata di aver cercato di uccidere l'anziano marito
Poteva uccidere, certo che poteva uccidere il mercurio. «L'inoculamento per via intravenosa è potenzialmente in grado di causare la morte». Non solo: quando Maria Loddo ha iniettato il letale metallo nella boccetta della flebo inserita nel braccio del marito ricoverato in ospedale era lucida, in sé, perfettamente cosciente e in grado di capire le conseguenze delle sue azioni.
Sollecitate dall'avvocato Marco Lisu, le perizie sono state depositate ieri nella cancelleria del Tribunale di Cagliari ma non dicono nulla a favore della donna accusata di aver cercato di avvelenare l'anziano marito un anno e mezzo fa. Anzi.
La prima mazzata arriva con la relazione di Ernesto D'aloia sull'effettiva capacità del mercurio di uccidere ma è soprattutto sull'esito della perizia psichiatrica che si giocherà il processo, rinviato al 3 febbraio a causa del malore che ha costretto l'imputata da giovedì fino a ieri mattina in ospedale per un piccolo intervento chirurgico. Giampaolo Pintor dipinge Lady Mercurio come una donna affetta da un disturbo istrionico che la porta a mostrarsi non come uno spettatore ma come un attore protagonista. Il quadro clinico è complesso ma non tale da far scemare la capacità d'intendere e volere. Dunque, Maria Loddo è una persona giuridicamente capace, lo era pure all'epoca dei fatti, e oggi come allora non è pericolosa socialmente.
Non potrà dunque giocare la carta della seminfermità mentale Lady Mercurio e difficilmente riuscirà a schivare l'accusa di tentato omicidio sostenendo che il mercurio non è letale. A questo punto potrà contare solo sullo sconto di un terzo previsto dal rito abbreviato col quale si celebra il processo davanti ai giudici della prima sezione del Tribunale.
Maria Loddo è in carcere a Buoncammino da un anno e mezzo: è stata arrestata il 17 giugno 2008 dopo che il marito, Silvio Manca, un anziano finanziere in pensione, era scampato a un tentativo di avvelenamento col mercurio. Era l'alba del 23 maggio di due anni fa, Silvio Manca era ricoverato nel reparto Pneumologia dell'ospedale Binaghi di Cagliari da qualche giorno. Anziché migliorare però peggiorava e i medici non capivano il perché: un'infermiera aveva notato nella boccetta della flebo che alimentava Silvio Manca alcune gocce di mercurio. Aveva dato subito l'allarme e alla moglie del paziente, che in quel momento non era nella camera, era stato impedito di avvicinarsi: la donna era stata tutta la notte a vegliare il marito, autorizzata dal medico dopo l'improvviso e inspiegabile aggravarsi delle condizioni di salute dell'ex finanziere. Maria Loddo aveva dormito su una sedia a rotelle, poco prima delle 6 era uscita per far colazione, durante la sua assenza era scattato l'allarme: Silvio Manca era stato trasportato in barella in un altro reparto e soltanto l'immediato intervento dei medici gli aveva salvato la vita. I sospetti erano subito caduti su Maria Loddo per il fatto che era la sola autorizzata a far compagnia al marito, ma non solo: un'infermiera aveva notato la strana mossa con cui la donna aveva nascosto nella borsetta una siringa avvolta in un tovagliolo e una bottiglietta verde con un antidepressivo. La magistratura aveva avviato un'inchiesta e i carabinieri avevano interrogato diversi testimoni: si era così saputo che nelle ore precedenti un uomo era stato nella stanza del paziente. Era Duilio Fadda, l'amante di Maria Loddo, e non aveva saputo motivare la sua visita in ospedale. Così era finito nel registro degli indagati per favoreggiamento. Fadda doveva spiegare anche perché qualche settimana prima avesse accompagnato la moglie Nunzia all'ospedale Brotzu dov'era ricoverato Silvio Manca, perché avesse aspettato che la moglie parlasse al figlio della Loddo della relazione della madre con Fadda, perché lo stesso Duilio avesse parlato col figlio della Loddo. Questa singolare situazione ha convinto gli inquirenti che Maria Loddo avesse cercato di uccidere il marito per vivere alla luce del sole la relazione con Fadda e per continuare con l'attività di massaggi hard a Pitz'e Serra, dov'era conosciuta con diversi nomi e dove si presentava con documenti falsi.
Lady Mercurio si è sempre proclamata innocente e, senza dirlo apertamente, ha adombrato la possibilità che dietro l'avvelenamento ci fossero proprio Duilio e la moglie. E certamente gli inquirenti hanno scandagliato pure questa pista, per poi escluderla: resta un mistero il ruolo di Duilio Fadda, e pure quello della moglie, nell'intera vicenda, ma col tentativo di avvelenamento dell'anziano finanziere sembra non c'entrino proprio nulla.
MARIA FRANCESCA CHIAPPE

26 gennaio 2010
http://unionesarda.ilsole24ore.com/Articoli/Articolo/165411

Lady Mercurio, al secolo Maria Loddo, da ieri mattina è in una casa famiglia. Un blindato della Polizia penitenziaria l'ha accompagnata nella sede dove resterà agli arresti domiciliari dopo la notifica del provvedimento del Tribunale che la sta processando per il tentato omicidio del marito.
I giudici hanno accolto l'istanza presentata dall'avvocato Marco Lisu: si sono attenuate le esigenze cautelare, senza dimenticare che il perito psichiatrico l'ha definita sana di mente e non socialmente pericolosa. Probabilmente sarebbe stata scarcerata prima se solo si fosse trovato chi la ospitasse ma i familiari non le sono andati incontro né sarebbe stato pensabile rimandarla a casa dove vive il marito, la vittima del reato che, sebbene ricordi poco del tentativo di avvelenamento in ospedale, si è costituito parte civile contro la moglie con l'avvocato Anna Rita Frau.
In diciotto mesi il difensore di Maria Loddo ha presentato diverse istanze di scarcerazione, sempre respinte, anche per il comportamento dell'imputata: aveva scritto lettere dal carcere per indirizzare le indagini su altre persone, soprattutto l'uomo indicato come il suo amante, Duilio Fadda, e la moglie di questi, Nunzia.

16 febbraio 2010
http://unionesarda.ilsole24ore.com/Articoli/Articolo/168500

È indagata anche a Roma, per minacce e ingiurie. Si sapeva: dal carcere di Buoncammino Maria Loddo aveva spedito numerose lettere per depistare le indagini, non si sapeva però che una di queste era indirizzata al pm Rossana Allieri. In calce c'era la firma di Duilio Fadda, l'uomo per il quale Lady Mercurio avrebbe tentato di uccidere il marito rendendolo incapace di ogni reazione con antidepressivi per poi inserire mercurio nella boccetta della flebo attraverso la quale i medici del Binaghi gli somministravano farmaci per tentare di risvegliarlo da un inspiegabile torpore.
Solo che non era Duilio Fadda a scrivere: fingendo di essere l'amante, Maria Loddo aveva minacciato di morte e ingiuriato pesantemente il magistrato che ha coordinato le indagini dei carabinieri sul tentato omicidio. «Stai attenta, l'altra volta col marito ci è andata male ma io sono svelto di coltello e questa volta tocca a te». Una perizia grafica ed era presto saltata fuori la verità: la lettera era stata scritta da Lady Mercurio, proveniva da Buoncammino. In quel modo la donna accusata di aver cercato di uccidere l'anziano marito per vivere alla luce del sole la storia con l'amante e nascondere la doppia vita fatta di massaggi hard sotto falso nome, accusava Duilio (facendolo confessare) del tentato omicidio e poi riversava una serie di ingiurie e minacce sulla Allieri. Poiché la vittima dei reati è un pm della Procura di Cagliari la lettera è stata trasmessa per competenza al Tribunale di Roma. E i pm della capitale hanno aperto un fascicolo per minacce e ingiurie.
Una nuova tegola giudiziaria, dunque, per Lady Mercurio che attende agli arresti domiciliari l'esito del processo: il 6 marzo toccherà al suo difensore, l'avvocato Marco Lisu, tentare di smontare la ricostruzione del pm Allieri che al termine della requisitoria, venerdì scorso, ha sollecitato la condanna a 12 anni di carcere, al netto dello sconto previsto dall'abbreviato. Bisognerà vedere ora come la difesa ricostruirà il tentativo di omicidio dal momento che Maria Loddo ha più o meno velatamente lanciato accuse contro Duilio Fadda e la moglie Nunzia che non sono mai stati indagati per il tentativo di avvelenamento.
Il solo Duilio Fadda, invece, è iscritto nel registro degli indagati per favoreggiamento: nelle ore precedenti il tentativo di avvelenamento di Silvio Manca era stato nella stanza dell'anziano paziente ricoverato in Pneumologia ma non aveva saputo spiegarne il motivo. Non solo: qualche settimana prima la moglie Nunzia era andata all'ospedale Brotzu dove all'epoca era ricoverato Silvio Manca. La donna si era presentata dal marito di Maria Loddo, aveva cercato di dirgli qualcosa ma quando erano arrivati i parenti era andata via. Il giorno dopo Nunzia era tornata al Brotzu con Duilio che era stato a guardare mentre lei fermava il figlio di Silvio Manca e lo informava della relazione che Duilio aveva con Maria Loddo. Subito dopo lo stesso Duilio Fadda aveva parlato col figlio di Silvio Manca.

Nei corridoi deserti piccoli passi veloci spezzano il silenzio di un sabato mattina diverso dal solito. Lady Mercurio ha fretta, si fa scudo degli agenti di polizia penitenziaria per abbandonare il Palazzo di giustizia di Cagliari e tentare di seminare i fotografi. È stizzita, visibilmente seccata, eppure, dice il suo avvocato, se l'aspettava. Si aspettava la condanna e pure la pena: 12 anni. Il processo è stato celebrato col rito abbreviato che garantisce lo sconto di un terzo, dunque il Tribunale le ha appena inflitto 18 anni. Per tentato omicidio. Mica poco.
La camera di consiglio dura un quarto d'ora: alle 10.50 il presidente Giampaolo Casula pronuncia il verdetto sulla falsa riga della ricostruzione del pubblico ministero Rossana Allieri e anche dell'avvocato di parte civile Anna Rita Frau che, per conto del marito dell'imputata, ottiene una provvisionale di 30.000 euro.
Pena severa, severissima, per un delitto grave, gravissimo. Lady Mercurio, 61 anni, originaria di Terralba, cagliaritana d'adozione, non c'è mai riuscita ma ha cercato di assassinare il marito 75enne almeno tre volte, l'ultima con un doppio innesto di mercurio: nella boccetta della flebo e nella caviglia. Un'infermiera ha visto le palline argentate e ha dato l'allarme. Altrimenti quella volta sì che la Loddo ci sarebbe riuscita: bastava poco, pochissimo tempo, e i medici non sarebbero riusciti a salvare l'ex finanziere in pensione ricoverato in Pneumologia al Binaghi per un male inspiegabile. Il paziente peggiorava e nessuno capiva il perché. Era stato appena trasferito dal Brotzu, dov'era rimasto per qualche settimana, e soltanto ora viene fuori che la moglie ci aveva tentato anche lì.
Prima lo aveva mandato in coma ipoglicemico con un farmaco, il Soldesam, sequestrato dai carabinieri a casa sua, poi lo aveva intontito con medicinali a base di oppiacei. Ecco perché i giudici, sulla stessa linea del pubblico ministero, non le concedono alcuna attenuante, anzi, conteggiano la doppia aggravante dell'aver agito contro il marito con un mezzo venefico. Codice alla mano, di meno non potevano darle e l'avvocato Marco Lisu non poteva fare di più: non gli resta che riproporre in appello la tesi sostenuta nell'arringa. Cioè: non è stata Maria Loddo, ha fatto tutto Duilio Fadda, l'amante.

DUILIO FADDA Chissà se c'entra davvero col delitto - del quale, sia chiaro, non è accusato - però il suo comportamento qualche dubbio lo solleva: intanto era al Binaghi nelle ore precedenti il tentativo di avvelenamento col mercurio. Ed era anche al Brotzu, insieme alla moglie Nunzia Maggio. Questa era stata sorpresa in camera dal figlio del pensionato e si era finta una volontaria. Il giorno dopo si era ripresentata, aveva aspettato il figlio del paziente nel parcheggio del Brotzu, lo aveva fermato e gli aveva detto che Duilio era l'amante di Maria Loddo.
La coppia era ricomparsa dopo l'arresto di Maria Loddo, nel giugno successivo. Nessuno li cercava eppure erano andati dai carabinieri a raccontare una storia poco chiara di soldi spariti. Duilio, insomma, si era messo nei guai da solo, anche perché non aveva spiegato come mai la notte del 23 maggio fosse al Binaghi nella stanza di Silvio Manca insieme a Maria Loddo. Risultato: è finito sotto indagine per favoreggiamento.

LA DOPPIA VITA Duilio conosceva l'altra vita di Maria Loddo, sapeva che la donna faceva massaggi hard a Quartu sotto falso nome. Lo aveva scoperto al termine di meticolose indagini, pedinamenti inclusi. Tutto era cominciato nel settembre 2006 quando aveva risposto a un annuncio sul Baratto: aveva conosciuto la massaggiatrice Teresa Ferrario, 40 anni, un figlio, un altro seppellito troppo presto, un compagno scappato alla vigilia del parto, la residenza a Milano, in via Montenapoleone. Amore a prima vista. Ma presto aveva capito che la sua amata mentiva, su tutto: identità, età, stato civile, figli. Aveva controllato Duilio, si era appostato, aveva fotografato e saputo: Teresa Ferrario era Maria Loddo, sposata da 33 anni, 17 anni in più di quelli dichiarati, nessun bimbo morto, nessun padre sparito davanti al pancione. E tutte quelle informazioni erano finite in un vero e proprio dossier, archiviato sul computer di Duilio. E sequestrato dai carabinieri dopo l'arresto della Loddo. Che, per inciso, ha sempre negato la relazione clandestina e i massaggi hard. Eppure, qualche settimana dopo l'arresto, uno dei suoi telefonini continuava a squillare: era nelle mani di Sandrino Mascia, un anziano di Quartu poi condannato per sfruttamento della prostituzione. Non solo: dal carcere Lady Mercurio gli aveva scritto una lettera per chiedergli di ospitarla nel caso fosse riuscita a ottenere gli arresti domiciliari. Dunque, il rapporto con quell'uomo accusato di gestire appartamenti dove si esercitava la prostituzione c'era, eccome. Anche se Lady Mercurio ha raccontato una storia completamente diversa: aveva lavorato come colf, tutto qui, poco ne sapeva di quel che succedeva in casa Mascia.
Non è l'unica lettera spedita da Buoncammino: Maria Loddo ne aveva inviate molte altre, soprattutto per depistare le indagini. Una volta, firmandosi Duilio Fadda, aveva minacciato di morte e ingiuriato il pm Allieri: «Stai attenta, l'altra volta col marito ci è andata male ma io sono svelto di coltello e questa volta tocca a te». Ecco perché ora dovrà affrontare un nuovo procedimento penale.
Intanto il marito vive nella sua casa, coccolato dai vicini e sereno, con l'aiuto della Fede. Un residuo di mercurio gli crea problemi alla caviglia ma tutto sommato sta bene. Qualcuno dice che vorrebbe mettersi in contatto con la moglie ma i familiari sono, ovviamente, contrari. Le sue domande per ora non avranno risposta.
3 agosto 2010

Si è tagliata le vene dei polsi con una lametta. Lady Mercurio, al secolo Maria Loddo, ha cercato di uccidersi nella comunità dove si trova agli arresti domiciliari. Soccorso e trasportata all'ospedale Brotzu non è in pericolo di vita.
Si è tagliata le vene dei polsi con una lametta. Maria Loddo ha cercato di togliersi la vita nella stanza della comunità dove è agli arresti domiciliari dal 25 gennaio. È stato un dipendente della casa d'accoglienza ad accorgersi che Lady Mercurio, accusata di aver cercato di ammazzare il marito Silvio Manca, era a terra in un lago di sangue. Il pronto intervento dei medici del 118 ha evitato il peggio: la donna è stata ricoverata per pochi giorni all'ospedale Brotzu. Le sue condizioni non erano gravi ed è stata dimessa, facendo ritorno nella comunità.

L'ALLARME Da quando, il 10 aprile, è stata condannata in primo grado a 12 anni (il processo è stato celebrato con rito abbreviato che garantisce lo sconto di pena di un terzo, con il Tribunale che le ha inflitto 18 anni), le condizioni mentali e di salute della sessantunenne originaria di Terralba sono peggiorate. Per questo il personale della comunità che la ospita dopo i lunghi diciotto mesi di carcere la teneva d'occhio. Alle 23 di venerdì scorso un dipendente l'ha trovata distesa sul pavimento del bagno della sua camera. Attorno sangue. Le ferite ai polsi e la lametta hanno fatto capire subito cosa fosse accaduto. L'allarme è stato immediato. Sul posto è arrivata un'ambulanza del 118. I medici hanno medicato le ferite e trasportato Maria Loddo al pronto soccorso dell'ospedale Brotzu. Tenuta in osservazione per due giorni è stata dimessa ed è tornata nella casa d'accoglienza. Sull'episodio hanno svolto degli accertamenti gli agenti della Squadra volante che hanno avvisato anche i carabinieri della Compagnia di Cagliari che si erano occupati delle indagini sul tentato omicidio del maggio 2008 nel reparto di Pneumologia II dell'ospedale Binaghi.

RISERVATA Lady Mercurio, da quanto riferiscono le persone che seguono la sua vicenda, nella comunità che da sei mesi è diventata la sua casa si trova bene, ma viene descritta come una persona molto riservata. Dietro il gesto di venerdì scorso non sembrano esserci altri motivi se non quello di una brutta depressione, dovuta ai suoi gravi problemi di salute e allo stress accumulato negli anni di carcere e nelle udienze del processo.

IL TENTATO OMICIDIO Intanto il suo avvocato Marco Lisu non ha ancora potuto vedere le motivazioni della sentenza del processo di primo grado. Dovevano essere depositate due settimane fa ma i giudici si sono presi altri 45 giorni di tempo. Maria Loddo era finita a Buoncammino il 17 giugno 2008. Tre settimane prima il marito Silvio Manca era ricoverato in Pneumologia al Binaghi. Peggiorava e i medici non capivano il perché: un'infermiera aveva però notato nella boccetta della flebo che alimentava Silvio Manca gocce di mercurio. La moglie era stata tutta la notte a vegliare il marito, autorizzata dal medico dopo l'improvviso aggravarsi delle condizioni di salute dell'ex finanziere. Maria Loddo aveva dormito su una sedia a rotelle. Poco prima delle 6 era uscita per far colazione e durante la sua assenza era scattato l'allarme. I sospetti erano subito caduti sulla moglie anche perché un'infermiera aveva notato la strana mossa con cui la donna aveva nascosto nella borsetta una siringa e una bottiglietta verde.

LE INDAGINI La magistratura aveva avviato un'inchiesta: si era così saputo che nelle ore precedenti un uomo era stato nella stanza del paziente. Era Duilio Fadda, e non aveva saputo motivare la sua visita in ospedale. Così era finito nel registro degli indagati per favoreggiamento. Fadda doveva spiegare anche perché qualche settimana prima avesse accompagnato la moglie Nunzia all'ospedale Brotzu dov'era ricoverato Silvio Manca, perché avesse aspettato che la moglie parlasse al figlio della Loddo della relazione della madre con Fadda, perché lo stesso Duilio avesse parlato col figlio della Loddo. Questa singolare situazione ha convinto gli inquirenti che Maria Loddo avesse cercato di uccidere il marito per vivere alla luce del sole la relazione con Fadda e per continuare con l'attività di massaggi hard a Pitz'e Serra, dov'era conosciuta con diversi nomi, tutti falsi.

LA CONDANNA Maria Loddo lo scorso 10 aprile ha subito la condanna in primo grado per il tentato omicidio del marito finanziere in pensione. Durante il processo era emerso che aveva tentato di assassinare il 75enne almeno tre volte. Per questo i giudici, sulla stessa linea del pubblico ministero, non le avevano concesso alcuna attenuante.
Non perse tempo: il giorno successivo al tentativo di avvelenamento del marito andò a vivere con l'amante. Il suo obbiettivo era quello di far fuori l'anziano coniuge che scherniva davanti a tutti chiamandolo il tenentino e presentandosi come la sua assistente geriatrica per rimarcare la notevole differenza di età. Mirava alla pensione di reversibilità Maria Loddo, e alla bella casa di Villanova dove coronare il suo sogno d'amore con Duilio Fadda.
Le motivazioni della sentenza con cui il 10 aprile Lady Mercurio è stata condannata a otto anni, al termine di un processo a porte chiuse perché celebrato sì in Tribunale ma col rito abbreviato, svelano una serie di particolari assolutamente inediti. A cominciare dalle dichiarazioni della vittima, Silvio Manca, il marito: aveva saputo dai vicini di casa «dell'insistente presenza di un individuo di Selargius con una vistosa deformazione del volto che pareva particolarmente interessato alla sua abitazione e alla sua persona»; sapeva che la moglie lavorava come «assistente geriatrica per alcuni anziani di Quartu indicati dalle suore di San Benedetto»; ha saputo dell'avvelenamento quando lo hanno dimesso dall'ospedale: solo in quell'occasione il figlio gli ha comunicato dell'arresto della moglie.

L'AMANTE Ma, al di là delle prove che hanno portato il collegio presieduto da Giampaolo Casula a negare perfino le attenuanti generiche, la sentenza si sofferma sulla figura e sul ruolo di Duilio Fadda: è innanzitutto «acclarato che fosse l'amante dell'imputata»; in secondo luogo «ha posto in essere una serie di comportamenti quanto meno insoliti e con buona probabilità indicativi di una sua piena consapevolezza e, verosimilmente, della sua fattiva collaborazione con la Loddo nella realizzazione del delitto, pur escluso il suo concorso materiale nella fase dell'inoculazone del mercurio».

Fadda - indagato per favoreggiamento - aveva conosciuto Lady Mercurio nell'appartamento di Pitz'e Serra dove la donna si prostituiva: aveva risposto a un annuncio sul Baratto perché aveva bisogno di massaggi alla schiena. In quell'occasione «la Loddo gli fornì prestazioni di natura sessuale» e poi tra i due cominciò «una vera e propria relazione sentimentale, avversata dalla moglie di lui, Nunzia Maggio». La Loddo gli diede però un nome falso, gli disse di avere quindici anni in meno, di essere milanese, di aver vissuto con un uomo che l'aveva abbandonata quando era rimasta incinta del figlio e di contare sulla carità delle suore. Fadda scoprì le bugie della Loddo ma non troncò la relazione. Anzi: pretese un appuntamento col figlio di Silvio Manca quando l'anziano era ricoverato al Brotzu (dove non guariva ma, misteriosamente, peggiorava) per dirgli della relazione con la madre. Non solo: la notte dell'avvelenamento, il 22 maggio 2008, Fadda era all'ospedale Binaghi insieme a Maria Loddo: «Non era una presenza casuale perché il suo arrivo era stato preceduto da diversi squilli e messaggini con l'imputata». Anche il giorno dopo Fadda telefonò a Maria Loddo.

IL MERCURIO Ecco perché i giudici scrivono: «Posto che Fadda, per il suo passato di frigorista, ben sapeva reperire il mercurio, cioè nei frigoriferi in disuso, avvicinò una giovane laureanda in agraria tropicale fuori dal Binaghi, durante il ricovero di Manca, e chiese informazioni sugli effetti del mercurio».

Quella di Fadda era una presenza costante in ospedale «da dove andava via sulla sua auto insieme alla Loddo, preoccupandosi di uscire separatamente quando c'erano altre persone». E ancora: «Fadda continuò a mostrarsi in giro con Maria Loddo anche dopo la pubblicazione della notizia dell'avvelenamento e seguì la vettura dei carabinieri quando si allontanarono con l'imputata a bordo».

In un primo momento, Fadda ammise la relazione con Maria Loddo ma poi negò tutto, secondo il Tribunale, per gli accordi fatti successivamente con l'amante. È sicuro che Fadda non ha partecipato all'avvelenamento poiché era stato mandato via dall'ospedale alle 22,30 e il mercurio è stato inserito nella boccetta della flebo tra le 6 e le 9 del mattino, però «può aver concorso con l'imputata, magari fornendole il mercurio e istruendola su potenzialità e caratteristiche del mezzo venefico».

L'AVVELENAMENTO Chi ha agito, dunque, è stata lei, Maria Loddo: «La notte del 22 maggio 2008 pernottò nella camera d'ospedale dov'era ricoverato il marito, era seduta vicino al letto dalla parte dove si trovava la flebo, sotto la sedia c'erano palline di mercurio». Ma, soprattutto, alle 13 del 23 maggio fu vista «prendere la tovaglietta, posta sotto il ripiano del comodino, dentro la quale poco prima gli infermieri avevano trovato, e portato via, una siringa monouso priva di ago con tracce di mercurio. Mise la tovaglietta dentro una busta, poi sollevò il lembo come per controllare se dentro ci fosse qualcosa, quindi la mise nuovamente a posto». Insomma: dopo il tentativo di avvelenamento voleva portar via la siringa ma quando vide che dentro la tovaglietta non c'era più rimise tutto a posto. E non è ancora finita: quando Maria Loddo fu invitata a uscire, lasciò nella camera del marito la sua busta. E lì dentro un'infermiera vide una siringa verde e una bottiglietta da mezzo litro con una sostanza bianca e rosa. Bottiglietta e sostanza identiche a quelle sequestrate in casa della Loddo cinque giorni dopo: la donna disse che si trattava di un antitarme, il consulente tecnico ha scoperto che era un intruglio di antidepressivi.

LA PROSTITUZIONE Da quel momento le indagini hanno svelato la doppia «o meglio, tripla vita portata avanti dalla Loddo già da qualche anno prima dei fatti. Tra il settembre 2003 e l'ottobre 2007 richiese e ottenne il rilascio di cinque diverse carte di identità che alterò nel nome o nella data e utilizzò per stipulare contratti, richiedere inserzioni sul Baratto, acquistare schede telefoniche. Sotto il falso nome di Teresa Ferrario aveva intrapreso da qualche tempo l'attività di massaggiatrice, eufemismo per definire una modalità di pratica di meretricio. Ciò certamente dal giugno 2006, quando firmò un contratto di locazione a Pizt'e Serra con l'aiuto di Sandrino Mascia, successivamente arrestato per una fiorente attività di sfruttamento della prostituzione in case di appuntamento a Quartu, con prostitute-massaggiatrici che attiravano i clienti con annunci sul Baratto. Mascia e la Loddo erano in rapporti così stretti che lui la presentava come sua moglie». Massaggiatrice molto ricercata Lady Mercurio: «I clienti chiedevano di Teresa, se non c'era domandavano quando sarebbe rientrata e andavano via senza richiedere alcuna prestazione alle altre».
Maria Francesca Chiappe

25 maggio 2011
Si è concluso con una conferma della condanna per Maria Loddo il processo d’Appello sul cosiddetto “caso del mercurio”. La donna era stata condannata a 12 anni di carcere, in primo grado il 9 aprile del 2010, per aver tentato di avvelenare con il mercurio il marito che era ricoverato in ospedale.
Lo ha deciso il Tribunale penale di Cagliari, presieduto da Fiorella Pilato. Accolta pienamente la tesi del Procuratore Generale, Mauro Rasella che, nella sua requisitoria, ha chiesto (e ottenuto) la conferma della condanna in primo grado. Respinte in toto le richieste dell’avvocato difensore Marco Lisu che aveva chiesto il riconoscimento delle attenuanti generiche.
Era stata arrestata il 17 giugno 2008. Quasi un mese prima il marito, un anziano finanziere in pensione, era scampato a un tentativo di avvelenamento col mercurio: era ricoverato da qualche giorno ma, nonostante le cure, le sue condizioni di salute non miglioravano. All'alba del 23 maggio un'infermiera aveva notato nella boccetta della flebo che alimentava Manca alcune gocce di mercurio. Aveva dato l'allarme e alla moglie del paziente, che in quel momento non era nella camera, era stato impedito di avvicinarsi: la donna era stata tutta la notte a vegliare il marito, autorizzata dal medico dopo l'improvviso e inspiegabile aggravarsi delle condizioni di salute dell'ex finanziere. Maria Loddo aveva dormito su una sedia a rotelle, poco prima delle 6 era uscita per far colazione, durante la sua assenza era scattato l'allarme: Silvio Manca era stato trasportato in barella in un altro reparto e soltanto l'immediato intervento dei medici gli aveva salvato la vita. I sospetti erano subito caduti su Maria Loddo perché era la sola autorizzata a far compagnia al marito e poi un'infermiera l'aveva vista mentre nascondeva nella borsetta una siringa avvolta in un tovagliolo e una bottiglietta verde.
Le indagini avevano presto svelato che Maria Loddo aveva un amante, Duilio Fadda, e che da tempo esercitava a Quartu un'attività di cui il marito non sapeva nulla: massaggi particolari, sotto falso nome. Il movente sarebbe legato a tutto questo: secondo l'accusa la donna voleva uccidere il marito per vivere alla luce del sole la relazione con Fadda e continuare con l'attività di massaggi hard a Pitz'e Serra.
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